Domenica 07 Settembre 2025 | 08:25

Valeria Caputo, da Taranto musica come atto esistenziale

 
Alessandro Salvatore

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Alessandro Salvatore

Valeria Caputo, da Taranto musica come atto esistenziale

Oggi vive a Forlì, ma nel primo album in italiano, «Habitat», racconta anche la ferita industriale del capoluogo ionico

Venerdì 06 Giugno 2025, 06:00

«La musica è il mare che mi porto dentro. È il riverbero dei miei respiri e dei miei ricordi, è il suono dei miei pensieri ancora prima che io riesca a formalizzarli». Valeria Caputo, musicista nata a Taranto nel 1979, restituisce l’essenza del suo fare musica: un atto creativo ed esistenziale. Una pratica di vita che scorre tra le onde dell’indie pop acustico, tocca i fondali della sperimentazione elettronica, e affiora nei progetti civili portati avanti dall’artista. Oggi Caputo vive a Forlì, «crocevia comodo per gli spostamenti» come lo definisce, ma le radici pugliesi affiorano costantemente nei suoi lavori. Formata tra la Scuola di Alto Perfezionamento Musicale di Saluzzo e il Conservatorio di Bologna, Caputo ha saputo costruire una carriera che sfugge all’etichetta, fatta di dischi che sono viaggi interiori e collettivi. Il suo esordio del 2012, Migratory Birds, la colloca nella tradizione folk West Coast anni ’60, con pezzi psichedelici e arrangiamenti eleganti. Ma è con Supernova (2016), pubblicato sotto lo pseudonimo Capvto, che la sua ricerca prende una piega più sperimentale: un lavoro di destrutturazione sonora, dove ambient, trip-hop, dark wave e jazz elettronico si fondono in un paesaggio cerebrale.

«È stato come ricostruire me stessa partendo da ciò che avevo già detto» racconta la musicista pugliese. E poi c’è Habitat, il suo primo album in italiano, pubblicato nel 2023 da Ribéss Records: un manifesto personale che indaga il concetto di casa, reale e simbolica. Otto brani in cui i temi si stratificano come cerchi concentrici: Taranto e la sua ferita industriale, il diritto a un ambiente sano, la memoria delle donne, la fragilità identitaria. «Racconto della mia terra e di tanti altri luoghi del mondo in cui non è affatto garantito l’abitare sicuro» spiega Caputo. In Taras, una delle tracce più potenti, l’artista inserisce l’intervento pubblico della compianta attivista Celeste Fortunato, rendendo l’ascolto un’esperienza commossa e politica.

Ma Caputo è anche ideatrice e voce di Tutta la luce del mondo, un podcast per radiooltre.it che esplora il mondo della disabilità visiva. Lei è co-curatrice, con Sara Lenzi, del progetto internazionale The Sound Outside, nato durante il lockdown, che ha raccolto paesaggi sonori urbani da finestre di tutto il mondo, restituendo un archivio collettivo e sensoriale delle mutazioni sonore della pandemia. La nota è sempre al centro, come ponte tra individui. Caputo lo dimostra in ogni suo gesto artistico. Come nel progetto Roses for Joni, tributo a Joni Mitchell portato fin sulle coste norvegesi nel 2023, o nella scelta dei collaboratori: dal chitarrista Giuseppe Bonomo alla cantautrice Fanelly, fino alla regia sonora di Francobeat.

Habitat non è solo un disco, ma una soglia, un atto di resistenza poetica. «Risponde semplicemente alla domanda “qual è la mia casa?”. Parte tutto da lì» dice Caputo. Una risposta che, in tempi di spaesamento, invita a ritrovare l’interiorità. L’esistere.

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