Sabato 06 Settembre 2025 | 12:28

«Where'd you go someday», l’urlo rock del tarantino Piero Campi davanti all’apatia

 
Bianca Chiriatti

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Bianca Chiriatti

«Where'd you go someday», l’urlo rock del tarantino Piero Campi davanti all’apatia

Prodotto da Marco Schnabl con la collaborazione di Analog Tears da Seattle

Giovedì 15 Maggio 2025, 06:00

07:24

Non ci indigniamo più. Davanti alle notizie che fanno male, all'ingiustizia, alle manganellate agli studenti e ai diritti che si sgretolano sotto gli occhi di chi dovrebbe proteggerli. Non ci scandalizziamo più. È proprio questo senso di apatia che canta Piero Campi nel nuovo singolo, «Where'd you go someday». Tarantino di nascita, il cantautore torna con un brano rock che scuote, provoca, spinge all'esame di coscienza e a una riflessione lucida su un coraggio che sembra smarrito. Il brano è prodotto da Marco Schnabl (Think Ahead Studio) con la collaborazione dell’americano Analog Tears da Seattle, ed è accompagnato da un video girato negli spazi dell’Ottostudio di Bologna, regia essenziale di Cristian Spinelli. Una sola inquadratura, una figura in controluce. Nessun artificio narrativo, solo un’immagine: la possibilità di una via d’uscita, ma senza garanzie.

Un ritorno importante per lei: cosa l'ha spinta a rompere il silenzio proprio ora?

«Il periodo storico che stiamo vivendo: la guerra che studiavamo sui libri oggi è una dinamica reale, c'è cattiveria, individualismo. Ma quello che mi sconvolge è la rassegnazione nei confronti delle cose, e che si ripercuote sulle attività giornaliere e i rapporti con le persone. Provo rabbia, frustrazione, noi abbiamo un grandissimo potere, siamo informati, ma non reagiamo, ed è una mancanza di rispetto anche nei confronti dei nostri figli».

Un clima che si ripercuote nella musica...

«Certo, c'è tanta gente frustrata, ma nessuno fa niente. Nel sottobosco esiste tanta buona musica, ma tutto è monopolizzato dal profitto. Eppure non smetto di pensare che la musica abbia ancora un ruolo fondamentale di comunicazione con la gente, non possiamo più mettere le mani davanti agli occhi. Io cerco di raccontare la realtà, la paura che ci fa chinare la testa, il disagio. Non basta cantare d'amore, tanto per quanto siamo frustrati non riusciamo nemmeno a innamorarci».

Ci sarà un EP?

«Sì, ci lavoreremo e sarà anticipato da alcuni singoli. Abbiamo fatto un passo avanti importante a livello di produzione, è più matura rispetto al disco precedente. E con la produzione di Analog Tears abbiamo voluto dare un'impronta più internazionale».

Il video è molto d'impatto, essenziale...

«Ho ingaggiato un carissimo amico: volevo che fosse una cosa semplice, comunicativa, che mettesse al centro l'artista. E abbiamo fatto questo gioco di luce e oscurità, lui ha davvero talento nella cura della fotografia. Non servivano orpelli, il testo è già molto forte, poi cantato in inglese sarà un messaggio ancora più universale».

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