Nonostante sin dagli Anni ‘80 del secolo scorso la Puglia abbia sempre dedicato una particolare attenzione al jazz europeo, è accaduto abbastanza raramente che i programmi di festival e rassegne abbiano rivolto lo sguardo a Levante sebbene, per esempio, le scene musicali di Grecia e Turchia, per non dire dei paesi della ex Jugoslavia, non manchino di offrire proposte di un certo interesse.
Fra le poche occasioni che ci piace richiamare a memoria, va senz’altro registrata la presenza ellenica più ricorrente, quella di Sakis Papadimitriou: l’ottantatreenne pianista e giornalista di Salonicco, padre nobile della musica creativa greca, è stato diverse ospite – da solo o in duo con la cantante Georgia Sylleou – tanto del festival di Noci, quanto del Talos di Ruvo e negli anni ha stretto rapporti di feconda collaborazione artistica sia col poeta Vittorino Curci, sia con la famiglia Minafra, sia con il compianto pianista Gianni Lenoci.
È poi inevitabile ricordare anche l’edizione del Talos svoltasi nel 2003, anno a suo modo difficile perché caratterizzato dal primo «strappo» tra il creatore del festival, Pino Minafra e la civica amministrazione di Ruvo. In quella che, sulla carta, si voleva fosse un’edizione di transizione in attesa di recuperare i rapporti, comparvero i nomi della eccellente pianista turca Ayse Tutunçu e poi, appunto, quelli di due artisti greci all’epoca sotto contratto con la Ecm di Manfred Eicher: il pianista Vassilis Tsabropoulos e la cantante Savina Yannatou, entrambi ateniesi.
Dopo quelle performance e dopo l’interesse che la critica specializzata dedicò a quegli artisti, il jazz suonato nella patria di Socrate, Ippocrate e Pericle sembrava essere tornato a vivere nell’ombra di una dimensione tutt’altro che internazionale, fino a quando, anche in Italia, i riflettori non sono tornati ad accendersi su una pianista e compositrice di 47 anni che si è saputa imporre all’attenzione dei principali osservatori europei. All’origine di questo fenomeno inatteso, c’è innanzitutto la grande originalità con cui Tania Giannouli - questo il suo nome – sa fondere il lessico del jazz moderno con la musica contemporanea, il materiale etnico della sua terra con i colori e le suggestioni di un Mediterraneo che non è mai da cartolina, la ricerca più estrema con una cura della melodia che non è mai banale.
L’incredibile ruolino di marcia di questa interprete – che il prossimo 14 maggio sarà per la prima volta a Bari, al teatro Forma – annovera recital nei principali festival del Vecchio Continente, in importanti teatri italiani – dal Donizetti di Bergamo alla Fenice di Venezia – e collaborazioni di eccezionale rilievo che l’hanno vista incontrarsi, tra gli altri, tanto con la vocalist Maria Pia De Vito, quanto con il pianista svizzero Nick Baertsch (eccezionali i loro concerti per due pianoforti, ascoltabili anche su Youtube). Vincitrice di premi e riconoscimenti, come ad esempio il Top Jazz nella categoria «miglior nuovo talento internazionale», la Giannouli ha al suo attivo diversi dischi tra i quali ci piace ricordare l’ottimo «In Fading Light», a capo di un singolare trio completato da tromba e bouzouki (il «cugino» greco del nostro mandolino) e il recentissimo, acclamato «Solo» che con ogni buona probabilità costituirà anche l’ossatura del recital barese. Una musica, la sua, in bilico fra tradizione e modernità e a suo modo permeata da un originale ecumenismo molto vicino allo spirito di alcune delle migliori produzioni del jazz pugliese. Ma del resto, non si dice «una faccia, una razza»?