Sarà disponibile da domani, 26 gennaio, «Navigazioni intorno al Monte Analogo», nuovo progetto discografico di Michele Lobaccaro, compositore e musicista fondatore dei Radiodervish, pubblicato dall'etichetta Cosmasola. Un lavoro intenso e cantautorale che si ispira al romanzo incompiuto di René Daumal, proprio «Il Monte Analogo», e che vuole raccontare l'epoca moderna schiacciata dal materialismo e incapace di vedere profondamente il quotidiano. Uno sguardo critico, in musica, sulla società del digitale. Nove tracce che nei negozi fisici saranno vendute anche in versione deluxe, che contiene il poster del Monte Analogo, e in 100 esemplari a tiratura limitata, numerati ed autografati da Lobaccaro e da Franco Rinaldi, autore dell’immagine utilizzata per il poster e l’artwork.
«L'idea è nata dal bisogno di libertà per sottrarsi a un capitalismo reale, da cui non ci sono vie d'uscita - racconta Lobaccaro alla «Gazzetta» - percepisco che l'essere umano è ridotto un po' a una specie di numero in una sequenza digitale, in cui tutto è manipolabile, ci conoscono meglio loro di quanto noi conosciamo noi stessi, anticipano i nostri desideri. Quando ti accorgi di vivere in una società in cui è tutto preconfezionato e non autentico, ti chiedi perché sei insoddisfatto. È una visione preoccupante».
Da dove arriva l'ispirazione di Daumal?
«Il Monte Analogo è un'opera degli anni '40, in cui non c'era contrapposizione tra analogico e digitale. Ma quella specie di "prigione" di cui si parla è una metafora molto attuale, su cui lavoro da tantissimo tempo. L'indicazione è partita da Franco Battiato che mi ha fatto conoscere l'opera, poi è venuto tutto fuori con una genesi fatta non solo di scrittura, ma anche di spettacoli dal vivo: sono brani suonati, cresciuti, arrangiati in mille modi. Il tutto grazie a una cordata di persone che hanno "scalato" insieme a me questo Monte. In fondo anche nel libro stesso si dice che tutte le montagne sacre sono state scalate e violate, ma ciò non è bastato a esaurire il bisogno dell'uomo di uno spazio sacro».
Parla di «cordata», quanto è stata importante la sinergia con altri musicisti, da Juri Camisasca, a Nabil Salameh e Giancarlo Parisi?
«È fondamentale: questa ricerca parte da una condizione solitaria e individuale, ma ha bisogno di essere vissuta in maniera collettiva. Richiama un po' Platone, esci, ma devi tornare indietro e uscire insieme agli altri. Camisasca, ad esempio, storico collaboratore di Battiato e ricercatore, è un po' la chiusura di un cerchio: era proprio vicino a Franco durante la stesura dei lavori ispirati al Monte Analogo. Condividiamo la stessa visione».
Nell'epoca del digitale quanto è importante proporre anche un disco fisico, nel suo caso perfino in tiratura limitata?
«La società "ingabbiata" in cui tutto è volatile ha bisogno di qualcosa di autentico, un oggetto da tenere in mano, ecco perché ho scelto oltre al disco, di inserire il poster. Sono frammenti di analogico a cui non possiamo rinunciare. Tra marzo e aprile, poi, comincerò a riportarlo sul palco, dal vivo».
Cosa si augura per questo anno appena iniziato?
«Che tutto quello che ci arriva e la durezza della nostra salita, dipende dal modo in cui affrontiamo i problemi. Non bisogna avere paura se il mondo intorno ci parla di terrore, affrontiamo la vita con coraggio e puntiamo alla cima».