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Arciuli: «Bari capitale del piano: musica colta, non da museo»

 
Nicola Morisco

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Nicola Morisco

Arciuli: «Bari capitale del piano: musica colta, non da museo»

Parla il direttore del festival, da domani al 29 agosto nel capoluogo

Lunedì 21 Agosto 2023, 11:48

Il capoluogo pugliese si prepara ad accogliere la sesta edizione della rassegna «Bari Piano Festival», che vede coinvolti grandi artisti della scena musicale internazionale, pianisti scelti tra il mondo della musica classica, jazz e contemporanea. Il festival si terrà da domani, martedì 22, fino a martedì 29 (ingresso libero), in tre luoghi della città che per l’occasione diventeranno palcoscenici all’aperto: Torre Quetta, il Chiostro di Santa Chiara e il sagrato della Basilica di San Nicola.

Realizzata dal comune di Bari, Regione Puglia, Teatro Pubblico Pugliese e Puglia Promozione, la rassegna è inserita all’interno del cartellone delle iniziative dell’amministrazione comunale la «Festa del Mare».

A dirigere la manifestazione fin dalla sua prima edizione è il maestro Emanuele Arciuli, uno dei più importanti e autorevoli pianisti pugliesi, conosciuto in tutto il mondo.

Arciuli, qual è stata la componente, oltre alle straordinarie scelte artistiche da lei fatte, che ha permesso di far decollare questa manifestazione?

«Le uniche cose che potevo assicurare al Festival erano scelte artistiche di qualità e non scontate. Ho sempre cercato, infatti, di evitare pianisti troppo presenti sulla scena e, soprattutto, di alimentare la curiosità nel pubblico sia per il repertorio che per i nomi degli artisti. Però, quello che ha fatto crescere il Festival, forse, non è dipeso da me, ma dalla bontà di una squadra di lavoro (inclusa la mia assistente Emanuela Palmisano) molto affiatata. Naturalmente non vanno dimenticati gli assessori alla cultura del comune di Bari: prima Silvio Maselli, che ha voluto il Festival sei anni fa, poi Ines Pierucci, che ha dato un’ulteriore impronta alla manifestazione. In tutto questo, ovviamente, c’è la risposta positiva del pubblico. Dico sempre, con una battuta, che la musica è più importante di chi l’ascolta, perché qualche volta ci occupiamo troppo del consenso, meno della musica. Nel caso del “Bari piano festival”, dove ci sono anche delle scelte artistiche “scomode”, con il pubblico si è stabilito un rapporto di fiducia. Credo siano queste le componenti che hanno determinato il successo del festival».

Quanto è stato importante il coinvolgimento di artisti con estrazioni musicali differenti?

«Credo molto nella dimensione della contemporaneità, penso che tutta la musica dovrebbe essere contemporanea e non un’operazione museale, con tutto il rispetto per i musei. Ci dovrebbero essere freschezza e novità. Questo è possibile quando c’è uno scambio forte di esperienze tra mondi musicali, che poi sono sempre in comunicazione tra loro. Il jazz, la classica, la musica contemporanea sperimentale sono tutte parti di una musica molto colta, che ha un pensiero musicale dietro, quindi proporla in una forma piuttosto che in un’altra cambia relativamente. Sono convinto che chi ascolta Thelonious Monk, ha gli strumenti per accostarsi a Stockhausen e viceversa».

Qual è stato il criterio di scelta degli artisti di quest’anno?

«A caratterizzare questa edizione è l’eleganza, perché sono tutte proposte raffinate e sofisticate. La novità di quest’anno (in passato ci sono stati la danza e il teatro), è la presenza dell’arte visiva con un omaggio a Iginio Iurilli, che in questi giorni compie 80 anni. Per quanto riguarda gli artisti coinvolti, ci sono molti francesi a iniziare dai due pianisti jazz Grégory Privat, che apre il Festival, e Baptiste Trotignon, che lo chiude, oltre al pianista classico Roger Muraro. Ci sono due giovani pianisti classici, Davide Cabassi e Gile Bae, già noti a livello internazionale, e due improvvisatori americani: Thollem McDonas e Jed Distler. Infine, oltre all’omaggio a Iurilli e la presentazione del libro L’elettronica è donna di Claudia Attimonelli e Caterina Tomeo, c’è un incontro-concerto con me e Carlo Boccadoro: parleremo dello stato della nuova musica».

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