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Come rilanciare l’economia considerando anche il terremoto

 
Francesco Sannicandro, Bari

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Francesco Sannicandro, Bari

Lunedì 29 Agosto 2016, 19:32

Per un effettivo rilancio dell’economia l’Italia deve mirare, a mio avviso, verso scelte e investimenti pubblici tali da stimolare e attrarre investimenti privati, interni e internazionali.
Non incentivi, quindi, ma investimenti in infrastrutture, sostegni alle imprese che innovano, migliorano la qualità del prodotto e la sostenibilità della produzione (minori consumi di acqua ed energia, un'industria «green»), fanno ricerca con le università e i centri di ricerca pubblici e privati, rafforzano la loro capitalizzazione, aumentano di dimensione, vanno all'estero per conquistare nicchie di mercato e acquisire altre imprese.
Spendere in infrastrutture per stimolare la crescita, aumenterebbe la capacità produttiva, stimolerebbe direttamente la domanda a breve termine e questo agirebbe da catalizzatore per gli investimenti privati. Se non c'è domanda gli investimenti privati non ripartono, e solo la spesa pubblica può innescare il circolo virtuoso. Keynes lo aveva detto tre quarti di secolo fa.
Per quanto riguarda i settori sui quali concentrare le risorse, come più volte e da più parti osservato, un rilancio degli investimenti in costruzioni, indirizzato soprattutto alla ristrutturazione del patrimonio esistente, alla valorizzazione delle strutture pubbliche e alla prevenzione dei rischi idrogeologici, avrebbe effetti importanti sull’occupazione e sull’attività economica; aggiungerei la green economy e un piano pluriennale di alloggi pubblici di qualità (scandalosamente carenti in Italia) da locare ad affitto sociale.
Ed ancora, come evidenzia in un’intervista il geologo Mario Tozzi, «siccome ormai è chiaro che dobbiamo avere a che fare con i terremoti dovremmo costruire e fare una manutenzione antisismica di tutti gli edifici pubblici e privati, i soldi devono essere impiegati in questo modo: è la priorità», ricordando che «in Giappone e in California con una scossa simile a quella di Amatrice c'è soltanto un po' di spavento ma non crolla nulla».
I soldi, infine, andrebbero spesi al Sud, dove le infrastrutture sono carenti. Basti pensare che una città come Matera - da tempo meta turistica di pregio, oltre che capoluogo di provincia - non ha una stazione ferroviaria. E che dire del fatto che per andare da Roma a Lecce con il treno ci vogliono 9 ore mentre per andare in Sicilia si deve prendere un traghetto che costa la bellezza di 73 euro andata e ritorno con l'automobile.
Purtroppo, a parte i vincoli Ue, girano alcune false opinioni sui soldi dati al Sud, che sono la conseguenza sia del pregiudizio negativo di fondo alimentato anche da troppi sprechi, inefficienze e malversazioni da parte delle amministrazioni meridionali, sia dall’abilità di agit-prop degli interessi del Nord, segnatamente la Lega Nord, che sono stati capaci di inventarsi, propagandare ed imporre una inesistente questione settentrionale, che ha obliterato quella reale e antica, la questione meridionale.
A tutto ciò dovrebbe, però, accompagnarsi anche una serie di riforme.
La pubblica amministrazione in tutti i suoi aspetti: semplificazione; ottimizzazione delle risorse umane e strumentali, formando e selezionando adeguatamente il personale; ponendo degli obiettivi reali e raggiungibili e chiedendo effettivamente conto dei risultati ottenuti.
La giustizia deve essere più celere e dare certezza dei diritti e dei doveri - si pensi che il contenzioso giudiziario concorre in modo determinante a causare un aumento dei costi e, soprattutto, dei tempi di realizzazione delle opere pubbliche rimandando sine die il soddisfacimento delle esigenze della collettività.

Francesco Sannicandro, Bari

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