TARANTO - Armati di mascherina e striscioni: inizia così la giornata di sciopero di 24 ore indetto dall’Usb dei lavoratori diretti e dell’appalto dello stabilimento ArcelorMittal di Taranto, con presidio davanti agli uffici della direzione. Sono circa 200 i lavoratori che manifestano dalle 7 del mattino contro la multinazionale, contestando una serie di inadempienze.
«Il governo - sottolinea il coordinatore provinciale dell’Usb Francesco Rizzo - deve intervenire per cercare di salvare il salvabile. Qui ci sono centinaia di lavoratori a gridare 'Arcelor vai vià. E’ una posizione netta e chiara che ribadiamo. C'è un’azienda che sta colando a picco, ci sono migliaia di lavoratori in cassa integrazione, i lavori Aia sono sospesi, in fabbrica c'è una pressione senza precedenti e un clima che non si viveva nemmeno ai tempi dei Riva, con il licenziamento ingiustificato di decine di lavoratori». Il sindacalista parla anche di «costanti e continui ritardi nei pagamenti delle fatture per attività già svolte dalle imprese dell’appalto. Ogni mese abbiamo operai che non percepiscono stipendio e aziende che rischiano il fallimento.
Una situazione inaccettabile. Ora si sta prospettando la peggiore delle ipotesi, cioè la chiusura della fabbrica senza soluzione. Bisogna allontanare Arcelor - sostiene Rizzo - mettendo in sicurezza lo stabilimento e aprendo ad un accordo di programma per Taranto. Progettiamo la ricollocazione dei lavoratori o rischiamo di avere, oltre al dramma ambientale, quello occupazionale e sociale».
IL SIT-IN - «E' un sito di interesse strategico, lo Stato se lo riprenda». Così Francesco Brigati della segreteria Fiom Cgil di Taranto, in un intervento davanti alla Prefettura di Taranto dove è in corso un sit-in di operai del siderurgico ArcelorMittal di Taranto promosso da Fim, Fiom e Uilm, a cui partecipano anche i lavoratori dell’appalto, edili e metalmeccanici.
Da tempo, ha aggiunto Brigati, «denunciamo lo stato di abbandono in cui versa la fabbrica. Con questo presidio vogliamo lanciare un messaggio chiaro al governo. Il futuro ambientale, sanitario, occupazionale e produttivo non può rimanere nelle mani di un interlocutore inaffidabile».
Il sindacalista ha ribadito che «la mobilitazione non si ferma: lunedì ci sarà lo sciopero e ricorderemo al ministro dello Sviluppo economico Patuanelli, nell’incontro in video conferenza, che non cederemo ai ricatti. Torneremo in piazza, noi continuiamo a dire che la situazione è diventata ormai insostenibile e che deve necessariamente essere affrontata dal governo con chiarezza e determinazione».
Il prefetto di Taranto, Demetrio Martino ha ricevuto una delegazione di Fim, Fiom e Uilm, in sit-in davanti al Palazzo del Governo contro ArcelorMittal, che ha recentemente bloccato la ripartenza di impianti dell’area a freddo e ha esteso ad altri mille dipendenti la cassa integrazione con causale Covid. I sindacati metalmeccanici hanno esposto le problematiche al prefetto, che ha sottolineato la costante interlocuzione con la Presidenza del Consiglio sulla vertenza del siderurgico di Taranto.
Durante la manifestazione, i delegati sindacali hanno usato toni durissimi nei confronti della multinazionale: «Siete la vergogna di questa città», «Noi con questo bandito non vogliamo più dialogare», «I lavoratori vi hanno dato il sangue e vi danno il sangue ogni giorno». E’ stato anche ribadito che, in assenza di risposte, la mobilitazione non si fermerà. «Conte - hanno osservato le Rsu - sembra aver ripreso in mano la situazione. Noi continueremo a pressare il governo. Se abbiamo scelto di stare sotto la Prefettura è perché non c'è più un datore di lavoro e il prefetto è l’autorità locale del governo. Chiediamo il risarcimento per i lavoratori e per la città. Questo - hanno ripetuto - è solo il primo passo»
I SINDACATI - «Da questa mattina oltre mille lavoratori dell’Ex Ilva di Taranto sono in presidio sotto la Prefettura, a Genova 600 lavoratori si trovano davanti allo stabilimento, a Novi Ligure in sciopero ad oltranza dal 19 maggio, per chiedere un intervento del Governo per risolvere una situazione che di ora in ora sta degenerando e che rischia di far esplodere una bomba sociale, ambientale e industriale senza precedenti nella storia italiana. Siamo a un punto di non ritorno, c'è il forte rischio di non riuscire più a governare la rabbia dei lavoratori». Lo dichiara Rocco Palombella, Segretario Generale Uilm.
«Già dal luglio scorso - sottolinea il leader Uilm - con la decisione unilaterale di avviare la cassa integrazione per circa 1.300 lavoratori, la multinazionale ha lanciato il primo segnale inequivocabile di non voler continuare a gestire gli stabilimenti dell’ex Ilva. Ogni giorno che passa la situazione diventa sempre più grave, Governo non perda altro tempo». "ArcelorMIttal non ha nessun rispetto degli oltre 10mila lavoratori italiani - sottolinea il leader Uilm - delle comunità di Taranto, Genova, Novi Ligure, e strumentalizza in maniera vergognosa la pandemia per mettere in cassa integrazione 5mila persone e portare nel baratro il settore della siderurgia italiana».
«Nell’incontro di lunedì - conclude - chiederemo ai Ministri Patuanelli e Catalfo di prendere atto che sia il l’accordo del 2018 che il contratto del 4 marzo scorso non verranno mai rispettati dalla multinazionale. A questo punto bisogna trovare immediatamente una soluzione, ovvero il ritorno della gestione nelle mani dello Stato per un periodo di tempo. Contemporaneamente si devono ricercare partner industriali solidi e credibili non solo dal punto di vista economico, con la voglia di rilanciare, risanare l’ambiente e ristrutturare gli stabilimenti salvaguardo tutti i livelli occupazionali e salariali»