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Quei seni al vento in Costa Azzurra

 
Silvio Perrella

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Silvio Perrella

Quei seni al vento in Costa Azzurra

Quando si viaggiava in tre, amici di adolescenza protratta, e si rideva per nulla. A zonzo, pochi soldi, tanta musica

Giovedì 02 Febbraio 2023, 09:06

La giovinezza on the road, di notte di giorno, fermandosi agli angoli un po’ più larghi a cucinarsi pietanze con l’aiuto di un fornellino a gas, mettendosi il colapasta a mo’ di cappello e morire dal ridere per un nonnulla, dormendo all’addiaccio vicini alla macchina nuova già carica di chilometri.
In tre, amici di adolescenza protratta solo un po’, amici per sempre in un futuro ancora malvisto, amici d’avventure in comune andando a zonzo per la Francia e la Germania.
Pochi soldi, i necessari alla benzina, autostrade zero, andando in libertà per strade ondulate, di giorno illuminate dal sole dell’estate quasi in arrivo di notte ipnotizzati dal raggio contrario degli altri autoveicoli, con in mente gli incontri ravvicinati del terzo tipo, con Truffaut in attesa sotto l’astronave appena atterrata dei nuovi venuti dal Lontano.
Facendo soste sulle spiagge della Costa Azzurra, eccitati dai seni al vento, dalle gambe dorate sulle motociclette in velocità oltre di noi e i nostri occhi, riprendendo energie su rene notturne senza quasi accorgersi della risacca, le orecchie ferme sui nostri cuori a battiti alterni.
Tutta la notte una notte a guidare per chilometri e per chilometri fino allo sfinimento, accorgendosi con l’arrivo della luce di aver danzato in un anello, essere andati e tornati, aver toccato con i pneumatici stanchi lo stesso identico punto, come avessimo necessità d’inseguire il tempo e di essere inseguiti.
L’arrivo serale a Clermont-Ferrand, dopo aver rimuginato sui Castelli della Loira, così cari, così inavvicinabili, da vedere solo da fuori, facendo degli occhi esploratori di mura turrite.
L’arrivo a Clermont-Ferrant o forse a Tours, musica nei giardini di una chiesa gotica, gli archi ogivali altissimi, le vetrate istoriate con colori da LSD, un cinema aperto su una strada acciottolata, la luce a venir fuori come un richiamo.
Entriamo, danno The last waltz, The Band che si congeda e chiama a raccolta gli amici, Martin Scorsese segugio visionario con la telecamera in spalla, vicino vicinissimo agli artisti, lontano lontanissimo in sue meditazioni.
La musica, quella musica a sobbalzi e ritmi dispari che ha fatto della vita sonora la nostra vita, in tre seduti su poltrone immerse nel buio, il raggio del proiettore come un laser che fissa momenti estatici e spinge al sonno alla visione alla fantasticheria.
I musicisti sul palco prima che si spengano le ultime luci, faccio un passo verso un microfono, sono Bob Dylan che abbraccia Joni Mitchell e sono Neil Young che tiene il ritmo con ai piedi stivaletti appuntiti da cowboy; e la band che s’industria, suona, mette in comune gli sguardi, fa di malinconia necessità di commiato, mentre tutti inseguono l’ultimo valzer; non da ballare, no, piuttosto da fumarsi nella mente come un sigaro quasi spento.
In tre, poco più di diciott’anni a testa, giovinezza a go go, pronti a commuoversi, ma colmi di quell’energia che fa uscire all’aperto ad ingurgitare quanta più aria possibile, ubriacandosi i polmoni.
Tornando alla macchina posteggiata un po’ in salita, pensando già di essere sotto la Torre Eiffel o di far baldoria al Quartiere Latino o di aver varcato il confine e di lambire Saarbrücken o di fermarsi a far silenzio a Freiburg.
La giovinezza on the road sospinta dai desideri dalle malinconie dagli slanci dallo stare insieme, cercando cercando cercando non sapendo davvero cosa, ma pronti alla scoperta al sonno improvviso al darsi il cambio al volante.
Spesso girando in tondo, in tondo; cercando il mare; ficcando gli occhi nella notte; cucinandosi quel che ancora c’è nel portabagagli, senza pensare al ritorno; la musica a far da guida gli ultimi valzer e i primi accordi imparati sulla chitarra, il percuotere i tamburi con le bacchette il far vibrare i piatti l’azionare il charleston e la grancassa.
In tre, quasi un gruppo, un complessino, pronti a farci sotto nell’agone dei suoni, mentre i finestrini inquadravano paesaggi ignoti, città viste di sguincio, donne meravigliose comparire sui cavalcavia e poi sparire perdendosi nell’orizzonte largo e azzurro.
E l’estate lì, a un millimetro del viso.

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Silvio Perrella

La Panchina

Biografia:

La meridiana, detta anche, impropriamente, orologio solare o quadrante solare, è uno strumento di misurazione del tempo basato sul rilevamento della posizione del Sole. Attraverso le parole di Silvio Perrella facciamo un viaggio nel tempo nei luoghi del cuore che profumano di Meridione e Sud.

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