Nelle cartoline, mai davvero demodè, e nei manifesti incollati in giro per la città, si legge ovunque: Parigi è sempre una buona idea. Ed è senz’altro una buona idea per rinnovare una promessa d’amore, all’arte.
Qui, per me, tutto è iniziato. Tutto ha preso forma nella mia fantasia di ragazza per poi compiersi, con la solita caparbia imprevedibilità della vita, rispetto a quanto desiderato.
E dopo un tempo lungo, sono tornata in questa città opulenta e insieme malinconica, con il desiderio e l’intento di innamorarmi ancora e più intensamente di quanto descrivo, commento e ritrovo ogni giorno sfogliando i manuali di storia dell’arte.
E il miracolo anche questa volta si è compiuto.
Stessa fortissima emozione, come negli anni da ragazza, davanti alle opere di artisti monumentali come Gericault, Delacroix, Leonardo, Caravaggio, Monet e Manet e potrei continuare l’elenco all’infinito, per cui si assiste ad una sorta di devoto pellegrinaggio.
E mentre viaggiavo su e giù per la Francia, ubriaca di bellezza, tra festival di fotografia ad Arles e ovunque tracce di storia, ho pensato a quanto il viaggio possa fare la differenza per i nostri figli.
Fuori dalle classi, ormai chiuse e silenziose per le prossime settimane, si compirà la differenza, tra chi parte e chi resta.
La verità è che la cultura per tutti non è che uno sbiadito slogan politico che non ha proprio nulla di reale.
Eppure, quando si ha la possibilità di valicare le porte rassicuranti della propria casa e della propria città è proprio allora che accadano cose capaci di scompigliare i progetti o di dargli vita, di sparigliare le carte o di far nascere coraggiosamente nuove strade.
Fuori dai nostri recinti familiari, accadono quei necessari «innamoramenti» capaci di farci comprendere quale strada intraprendere e verso quale porto issare fiduciosi le vele.
Specie se hai diciotto anni.
Ho pensato ai miei studenti, a quelli che saranno rimasti a casa non per scelta, né loro, né tantomeno dei loro genitori, ma per mancanza di possibilità o di visione.
Ho pensato alla necessità del viaggio, proprio in questo tempo tumultuoso, in cui la paura dell’altro o dell’altrove sembra prendere il sopravvento.
E la scuola dovrebbe ancora più caparbiamente, dare il suo necessario contributo investendo in possibilità: meno realtà aumentata e più connessione con il mondo, meno progetti nei nostri laboratori iperconnessi e più progetti erasmus, per far accrescere quel senso di appartenenza che ha poco a che fare con la bandiera e con il confine, molto con la necessità di sentirsi parte attiva del proprio mondo, tutto.
Dovremmo seguire le orme già tracciate dagli antichi greci per attuare di nuovo e più forte quell’idea di cosmopolitismo che nasceva dalla volontà di abbracciare l’umanità intera superando divisioni politiche e culturali.
E mai, come adesso, e ciò di cui tutti avremmo bisogno!

Oltre le porte rassicuranti accadono cose capaci di scompigliare i progetti o di dargli vita
Giovedì 24 Luglio 2025, 12:05
Biografia:
Nasce la collaborazione con la «Gazzetta» di Mirella Carella, che curerà la rubrica «Diario di classe», piccole e grandi storie quotidiane che nascono tra i banchi e nei cuori dei giovani. Mirella Carella, barese, ha lavorato nel mondo dell’arte partecipando a mostre in Italia e all’estero, alcune sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private. Dal 2015 è docente di ruolo in Disegno e Storia dell’Arte.
Mirella Carella
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