L’Italia è una Repubblica Democratica fondata sul lavoro. Buona festa dei lavoratori a chi un lavoro ce l’ha, a chi lo insegue, a chi - suo malgrado - finge di poterlo definire tale. Ai nostri ragazzi, perché possano desiderarlo e vedere concretizzato il sogno di un lavoro appagante, con l’augurio che li renda liberi e non schiavi.
Ma come sempre accade questa giornata avrà per molti anche il sapore amaro per chi invece è imbrigliato in un lavoro precario e senza futuro, per chi anche oggi, combatte per non perderlo, e per chi ha persino smesso di cercarlo, un lavoro.
La scuola viene messa continuamente sotto accusa perché a molti appare sempre più svincolata dal mondo esterno, dal mercato del lavoro, non insegna ciò che serve.
I ragazzi ripetono ciò che dicono gli adulti: - A cosa servono la storia dell’arte o la filosofia, prof.?
Abbiamo fatto credere ai nostri figli che fosse necessario un nesso tangibile con il lavoro, perché lo studio potesse avere senso. Non imparare per imparare, non imparare per crescere, ma imparare per saper fare.
Continuo a credere che questa idea della scuola sia riduttiva e insufficiente.
Eppure, ormai da tempo, la scuola ha dovuto inventare e rendere visibile questo legame, come se fosse necessario giustificare gli anni di studio.
Dal 2005 con l’invenzione dell’Alternanza Scuola Lavoro divenuta negli anni PCTO: Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento, è stata introdotta la «buona pratica» dell’utilizzo di una metodologia capace di permettere agli studenti di alternare la formazione in aula con esperienze pratiche in aziende o in altre strutture per sperimentare e misurarsi con il lavoro, quello vero!
È forse una rivoluzione? Io credo piuttosto una involuzione, nella convinzione che lo studio, da solo, non fosse sufficiente.
Il professor Alessandro Barbero lo spiega bene, ciò che passa come cambiamento positivo è il primo passo verso una involuzione alla quale tutti noi, che la scuola la viviamo tutti giorni, stiamo nostro malgrado partecipando.
Per questo conservo gelosamente le parole di Ágnes Heller, che negli anni ho imparato a memoria, tante sono le volte che le ho ripetute, prima ancora a me stessa, quasi come preghiera temendo di dimenticarle:
«Se qualcuno dovesse chiedermi, come filosofa, che cosa si dovrebbe imparare al liceo, risponderei: prima di tutto, solo cose inutili; greco antico, latino, matematica pura e filosofia. Tutto quello che è inutile nella vita. Il bello è che così, all’età di 18 anni, si ha un bagaglio di sapere inutile con cui si può fare tutto. Con il sapere utile si possono fare solo piccole cose».
Oggi, il grande dipinto: Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo, realizzato tra il 1898 e il 1901 è l’opera che continua a tornarmi alla mente, e quella di cui parlerò appena rientrati a scuola, per rendere visibile la fierezza e l’autoconsapevolezza dei lavoratori del loro ruolo e del loro valore.
A distanza di più di un secolo, siamo ancora tutti in cammino, ma dovremmo riconquistare la fierezza dei lavoratori descritti da Pellizza da Volpedo, che dall’ombra prendono forma e camminano orgogliosi verso il «sole dell’avvenire».

Ci sono materie che sembrano inutili: ma con le nozioni utili si possono fare solo piccole cose. Lo disse Ágnes Heller
Giovedì 01 Maggio 2025, 09:53
Biografia:
Nasce la collaborazione con la «Gazzetta» di Mirella Carella, che curerà la rubrica «Diario di classe», piccole e grandi storie quotidiane che nascono tra i banchi e nei cuori dei giovani. Mirella Carella, barese, ha lavorato nel mondo dell’arte partecipando a mostre in Italia e all’estero, alcune sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private. Dal 2015 è docente di ruolo in Disegno e Storia dell’Arte.
Mirella Carella
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