Di smartphone in questo Blog si è già parlato evidenziandone virtù e pericoli, soprattutto quelli nascosti. Ma l’argomento richiede qualche altra considerazione, legata soprattutto al modo smodato di utilizzo. Ci sono famiglie in cui ormai non ci si parla, ma ci si telefona da una stanza all’altra. Non una «voce» come si usava un tempo, ma un messaggio, un WhatsApp, una chiamata. Sostengono i genitori che sia l’unico modo per riuscire a entrare in contatto con i figli rinchiusi nei loro bunker di tecnologica solitudine. Ed è vero che sia così perché spesso è dato di assistere a scene simili in locali pubblici dove, pur stando tutti seduti attorno allo stesso tavolo, si dialoga – si fa per dire – a mezzo smartphone. Il guaio è che a stare accanto ai figli anche i genitori hanno preso questo andazzo. Decine di messaggi, faccine e manine solo per dirsi: «Andiamo a cinema?». I più pigri rinunciano anche a scrivere – vuoi mettere la fatica di pigiare quei tastini? – e mandano dei «vocali». Si dirà: eccola la voce.
In realtà è solo un surrogato tecnologico che, per esempio, può capitare che sia ascoltato molto tempo dopo l’invio. Può essere questo un dialogo? Ma torniamo ai giovanissimi. Alcune scuole superiori stanno finalmente adottando la linea dura: in classe niente cellulare né per gli alunni né per i docenti. Gli effetti già si vedono. A detta delle stesse «vittime» dei divieti ora ci si riesce a concentrare di più, la lezione è più interessante, spiegare è meno faticoso. Forse non ci voleva poi tanto. Da tempo una mole di studi scientifici ha dimostrato che il cosiddetto «span attenzionale» dei giovanissimi che fanno ampio uso di smartphone, Pc e tablet è sceso da 12 minuti a 5 secondi. Come si può seguire una lezione disponendo di un così limitato tempo di attenzione? Anche questo contribuisce ad abbassare la qualità dell’istruzione e a far sì che nostri ragazzi oggi riescano con molta difficoltà a comprendere un testo più lungo di un tweet e a esprimere un concetto con una accettabile proprietà di linguaggio.
L’uso smodato di smartphone e tablet sta generando fenomeni di contagiosa maleducazione. Ora, passi che i media hanno sdoganato e fatto proprio un linguaggio da trivio, ma vedere in tv gente che smanetta mentre è in un talkshow è davvero offensivo. Tanto per chi guarda da casa che per gli altri presenti in studio, che però possono ricambiare con la stessa moneta. Esempi clamorosi si sono avuti durante la campagna elettorale e, soprattutto, nelle lunghe dirette allestite da molte emittenti per raccontare la notte dello scrutinio. Se fino a un po’ di tempo fa c’era un certo pudore nel consultare il benedetto telefonino, facendolo magari quando non si era inquadrati, adesso è prassi comune, costante ed esibita. Schiere di giornalisti, politici ed esperti di varia natura che dovrebbero reciprocamente ascoltarsi per poi rispondersi, sono invece chini sullo schermo a chattare, leggere, consultare. Gli unici attenti sono chi sta parlando e il conduttore, ma solo perché deve badare a non concedergli troppo del prezioso tempo televisivo. Dubbio: ma che risposte puoi dare se non hai sentito la domanda? E infatti spesso e volentieri chi parla ha solo l’obiettivo di dire quanto si è preparato, senza chiedersi se attiene oppure no a quanto gli è stato chiesto. Ma la brama di avere un dettaglio in più durante la notte elettorale ha contagiato anche i conduttori che di tanto in tanto, mentre uno degli ospiti diceva la sua, sono stati colti dalle telecamere chini sullo smartphone.
I più scafati se la sono cavata dicendo: «Ecco stavo leggendo gli ultimi aggiornamenti…» come se stesse fornendo un servizio in più ai telespettatori. Ma che razza di modo di comportarsi è questo? A parte il rispetto per gli altri presenti in studio, c’è innanzitutto il rispetto per gli utenti. È sconfortante assistere a sedicenti programmi di approfondimento e di chiarimento in cui nessuno ascolta nessuno. Davvero lo span attenzionale di questi soloni dell’etere è di 5 secondi, cioè una presa in giro per chi sta dall’altra parte dello schermo. Allora, una modesta proposta: come si è fatto in alcune scuole e sperando che il buon esempio dilaghi, anche durante le trasmissioni in diretta, i talkshow e tutto il resto sia vietato l’uso dei telefonini. Anzi, a ospiti e conduttori sia chiesto di lasciare l’infernale apparecchio all’ingresso, proprio come viene imposto a prof e studenti. Fra l’altro non si corre il rischio di indebite ingerenze nella vita privata di altri. Perché con un telefonino si possono registrare facilmente dei «fuori onda» senza che nessuno se ne accorga e cominciare a farli circolare sui social con conseguenze imprevedibili. Del resto se per decenni si è fatta televisione senza la necessità di essere online, perché oggi non si può rinunciare per una/due ore allo smartphone mentre si è in trasmissione? Se vogliamo che i ragazzi abbiano comportamenti più responsabili dovremmo dare dei buoni esempi, altrimenti è una battaglia persa in partenza.