Una solitudine quella fragilità dei ragazzi di 15 -16 anni, oltre i loro sogni e delle loro speranze. Cosimo e la sua immensa fatica a comunicare con i suoi coetanei, in particolare con coloro con cui dovrà avere dei rapporti continuativi, poiché il suo primo approccio potrà avere ripercussioni su di lui in futuro. Teme di fare brutta figura, di bloccarsi e di risultare impacciato perché non ha argomenti e sente l’imbarazzo di restare in silenzio di fronte al vuoto. Si confronta con altri coetanei spigliati e fighi e si chiede come facciano a non aver paura di fare brutte figure, li invidia e vorrebbe essere come loro. Poi la sera prima di addormentarsi un pensiero costante nella testa, che diventa un tormento e provoca ansia e non lo lascia in pace. Non sempre ne parla a casa perché non si sente capito. Non ha mai chiesto aiuto ad uno psicologo e non ne ha mai parlato con gli amici. È rimasto deluso dagli amici che lo hanno tradito e non si perdona il fatto di essersi fidato delle persone sbagliate. Si apre e parla ma solo perché sa che dopo questo momento non rivedrà mai più il coach. Intreccia le dita delle mani sollevate fino alla giuntura dei polsi, mostrando tensione. Guarda a destra e sinistra, in basso ha la testa un po' chinata all’ingiù come a voler esprimere più con gli occhi che con le parole. Si sta sforzando molto nel tentativo di verbalizzare. Sul racconto dei momenti più difficili si ferma e dice “niente, niente”, ad indicare che forse si sente strano anche lui a dire quelle cose e forse si giudica, provando vergogna e imbarazzo. Poi prosegue, “è che quando ho paura che una persona possa cambiare opinione su di me, perdo la felicità e allora prendo la moto e vado a tutta velocità, perchè in quel momento non penso a niente, vedo tutto nero, anche se so che rischio tanto. In quel momento penso, non ho niente da perdere e piango tanto.”
Ha bisogno di sentirsi dire che è normale tutto questo, anche il pensiero intrusivo di cui ha parlato, che non lo lascia libero dalle prime ore della mattina, a scuola, fino alla sera prima di addormentarsi rendendo difficile il sonno, trasformandosi in ansia. E che parlarne gli farà bene. Gli stessi sentimenti ed emozioni possono essere frequenti in molti di noi, ragazzi e adulti. È necessario focalizzarsi anche sulle sue esperienze felici e sulle cose che gli piacciono, che lo rendono felice e fiero o almeno sereno e distaccato da questo blocco, per essere consapevole anche di quando sta bene e si sente sereno e soddisfatto, superando con leggerezza le difficoltà e le emozioni più complesse che pur sono presenti. Se il dialogo prosegue, infatti, rafforzando le sue convinzioni positive su sé stesso, egli impara ad accogliere quelle negative, come parte di sé in evoluzione dinamica. Con lo sguardo accogliente e fiducioso, la presenza affettuosa e l’ascolto profondo, possiamo dargli più di quanto soluzioni o risposte potrebbero offrire. Si può essere grati della sua apertura e augurandogli buona vita, affidandolo alla buona sorte e a Dio, perché possa un domani arrivare ad affrontare e gestire le sue ferite e a trasformarle in doni per sé e per gli altri, anche attraverso il coraggio di intraprendere un percorso di psicoterapia.
Agli educatori e genitori è utile un percorso alla riscoperta di sé stessi da ragazzi e da giovani, per ritrovare le ragioni, i sogni e il disagio di non essere compresi, assieme al codice affettivo necessario per ritornare in rapporto empatico e in connessione profonda con loro. Un legame all’interno del quale è già presente anche il codice normativo, la regola, l’autorevolezza del proprio esempio di disposizione verso la vita che guida i giovani alla conoscenza di sé e alla scelta dei valori con cui orientarsi nel saper vivere.