BARI - Dopo il “come stai”, infatti, negli incontri che faccio in città, segue un “fa troppo caldo”, con aria angosciata, spazientita, che mostra grande preoccupazione per il presente e per le giornate a venire, di cui già si conoscono le condizioni metereologiche, le massime e le minime temperature e le previsioni degli esperti di clima. Non aiutano le vicende che parlano di morte per caldo, anche se le condizioni di salute pregressa dei soggetti a rischio che il caldo ha contribuito a peggiorare, non sono sempre accertate.
Insomma, siamo certi che lo sfogo continuo non contribuisca a rendere il fenomeno ancora più insopportabile, trasformandosi in psicosi che alimenta stati ansia e di paura, soprattutto nei soggetti più fragili e a rischio di solitudine esistenziale della nostra società, come gli anziani?
Stamattina sono uscita alle ore 9,00 e sebbene ci fosse un’aria ferma, non ho avvertito un’afa asfittica, ma soprattutto non rendeva proibitivo camminare in città e godersi la bella passeggiata con il mio cane. Mi sono guardata intorno e ho notato che c’erano diverse persone come me, intente a svolgere commissioni tra negozi, sarte, calzolai, alimentari, perfino fermandosi in bar e caffè a recuperare un po' di fresco e gustare qualcosa. Anzi, bellissimo vedere una città viva anche oltre la metà di luglio! C’erano anche parecchi turisti, e mi sono immedesimata in loro, provando ad immaginare di vivere la mia città da turista. Come nelle isole greche o spagnole o in altri continenti, in cui quel caldo, si, lo avevo già sperimentato, forse più secco o più umido.
Come spesso accade in momenti difficili della nostra storia, proviamo a chiederci quanto lamentarci ci aiuta ad affrontare il problema e come, invece, cambiare la prospettiva, decidendo su cosa focalizzare la nostra attenzione, ci può offrire nuovi spunti di benessere. Ad esempio, possiamo chiederci, come sarebbe stato se non ci fosse stato il caldo? Nelle prime settimane di giugno e luglio ha spesso piovuto con temperature insolitamente basse, ma anche di questo ci siamo lamentati. In alcuni anni abbiamo avuto temporali e grandine estiva, che potrebbe essere anche peggio. Il caldo ci sta spingendo a rivedere il bisogno di rispettare i ritmi dei cicli biologici della terra e nostri, che siamo connessi con essa e con la natura.
A rivedere modalità e orari di fatica e lavoro, e orari di riposo e quiete al riparo dai raggi più forti del sole per proteggere noi stessi e gli altri con premura. Ci sta costringendo a tornare al desiderio di restare immersi nell’acqua del mare, o di camminare nelle vette delle montagne a 15 gradi e se non possiamo fare questo e siamo in città, ci sta ricordando come alimentarci meglio, come e quando esporci al sole e soprattutto, cosa molto importante, quanto abbiamo bisogno di amore, di esserci gli uni per gli altri. Ho letto un volantino che invitava a non trascurare i segnali di coloro che per strada possono manifestare - anche in silenzio-, il bisogno di contatto umano, di una parola di supporto, di un sorriso, di uno scambio leggero.
E quale dialogo migliore per rompere il silenzio della solitudine, se non parlando di cose belle, di quelle cose -tante- che abbiamo e che siamo, per le quali possiamo sentirci grati, anche se non nella nostra idea di perfezione e, quando riusciamo a provare il sentimento della gratitudine e della comunione con gli altri, allora anche il caldo diventa sopportabile, perché stiamo bene dentro e la bussola dei valori segna su ciò che conta davvero al di là degli alti e bassi della vita. E allora non rintaniamoci nei nostri gusci per paura del caldo, scopriamo, sperimentando noi stessi su di noi, cosa è meglio fare per stare bene anche fuori di casa, sfidiamo i pronostici e le allerte che possono intimorirci e bloccare una sana iniziativa di benessere, che ci sprona nel profondo a vivere.