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Tumori, il «casco» che salva le donne in chemioterapia

Tumori, il «casco» che salva le donne in chemioterapia

 
Redazione online

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Il «casco» che salva le donne sottoposte alla chemioterapia

Il "casco" evita la caduta dei capelli alle donne sottoposte alla chemioterapia a seguito di diagnosi tumore

Lunedì 14 Maggio 2018, 10:12

11:51

TUMORI - «Su 450 sedute di chemioterapia con casco, l’80% dei pazienti ha conservato i capelli». A parlare è Gennaro Palmiotti, oncologo, direttore del reparto Don Tonino Bello all’IRCCS di Bari. È proprio in quel reparto che, per la prima volta in Puglia, quasi un anno fa, sono stati installati gli ormai noti caschi anti caduta capelli. I primi due, donati dalla Fondazione Tiziana Semeraro- Il Cerchio della Vita. Altri quattro sono in arrivo, così come i primi dati sui risultati.

«Nei primi sei mesi di utilizzo del Dignicap, l’apparecchio che, applicato sul capo come un normale casco da moto, attraverso un processo di raffreddamento personalizzato, tra i 3 e i 5 gradi, evita la alopecia da infusioni – spiega il primario - abbiamo avuto risultati ottimi: la caduta è stata di primo o secondo grado, cioè, non percepibile dal punto di vista estetico. Il macchinario è collegato a due caschi, uno per paziente, che si indossano prima, durante e dopo l’infusione di chemio».

I dati del reparto Don Tonino Bello dicono che a sollecitare l’uso del caschetto è la donna in una fascia di età che va dai 30 a gli oltre 60 anni, con una richiesta maggiore da parte di pazienti dai 40 ai 50 anni.

«Quando ho avuto la diagnosi di carcinoma mammario mi sono guardata allo specchio e mi sono sentita come una bambina indifesa dal mio mondo interiore ma anche esterno – racconta Giovanna. Il dott. Palmiotti mi ha proposto l’utilizzo della cuffia. All’inizio ero spaventata, ma ho incontrato persone straordinarie. Maria Ronchi, la psiconcologa del reparto è rimasta con me in stanza per tutta la durata del primo trattamento e infermieri specializzati mi hanno assistito, ma anche regalato un sorriso. I miei capelli, a distanza di cinque mesi, sono rimasti al loro posto e questo mi ha aiutato a sentirmi ancora donna agli occhi degli altri ma prima di tutto al riflesso dei miei».

«Sono orgoglioso di essere stato il primo in Puglia a valutare e a inaugurare questo sistema grazie alle generosità di persone che hanno creduto in noi. Nei prossimi mesi in reparto - spiega Palmiotti - saranno installati altri due apparecchi con quattro caschi; ognuno di questi porterà in cima una piccola targhetta con un nome: Irene Dell’Olio, a ricordo di questa giovane donna scomparsa quasi un anno fa. A lei la famiglia ha voluto dedicare una raccolta fondi, che ha intitolato “Ireneforlife”, con i cui proventi sono stati acquistati gli ulteriori macchinari destinati al nostro reparto».

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