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Vendono sede ditta di calzature prima del fallimento, a Barletta sequestro da 1,3 milioni a due imprenditori

Vendono sede ditta di calzature prima del fallimento, a Barletta sequestro da 1,3 milioni a due imprenditori

 
Adriano Antonucci

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Adriano Antonucci

Distrazione di fondi prima del fallimento, a Barletta sequestro da 1,3 milioni a due imprenditori

Ancora guai per la Vingi Shoes: sigilli a conti correnti, autovetture, partecipazioni societarie, immobili e beni di lusso, anche borse firmate, orologi, gioielli

Mercoledì 15 Ottobre 2025, 09:08

16 Ottobre 2025, 16:33

Ancora guai per la Vingi Shoes. Due imprenditori, titolari dell’azienda calzaturiera di via dell’Euro, nella zona industriale di via Trani a Barletta, sono indagati per bancarotta fraudolenta e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte nell’ambito di un’inchiesta della procura di Trani sul fallimento della loro attività, arrivato nello scorso mese di giugno.

Su richiesta dei magistrati, il gip ha disposto un sequestro preventivo per equivalente di 1,35 milioni, eseguito dalla Guardia di finanza della Bat. Secondo la ricostruzione accusatoria, gli indagati – legale rappresentante e amministratore di fatto della società, entrambi barlettani – avrebbero distratto l’intero complesso industriale dell’azienda, vendendolo nonostante l’impresa fosse gravata da ingenti debiti verso fornitori ed enti pubblici. Le somme ricavate, secondo gli inquirenti, sarebbero state drenate e sottratte al patrimonio aziendale, impedendo ai creditori di soddisfare le proprie pretese.

Le Fiamme gialle del Gruppo di Barletta, attraverso accertamenti bancari e indagini patrimoniali, hanno documentato lo stato di dissesto della società, lo svuotamento dei beni e la successiva dispersione del denaro, contestando ai due imprenditori le ipotesi di reato in concorso. Il sequestro per equivalente – finalizzato alla futura confisca – ha riguardato disponibilità liquide, autovetture, partecipazioni societarie, immobili e beni mobili di valore fino a coprire l’importo di 1 milione e 350 mila euro. Nel corso delle perquisizioni, sono stati sequestrati cinque immobili, diverse auto, 19 conti correnti, denaro contante, orologi Rolex custoditi nelle scatole originali, gioielli in oro con pietre incastonate, collane, bracciali e anelli, affiancati da borse e valigeria delle più note maison internazionali come Louis Vuitton e Gucci.

Particolare attenzione hanno destato le numerose borse Louis Vuitton – modelli monogram classici, pochette in canvas Damier, secchielli in pelle nera – e un trolley rigido Gucci di colore blu con logo a vista. Presenti anche cinture griffate, beauty case, custodie originali e sacchetti protettivi. I beni di lusso sarebbero riconducibili agli indagati.

Le origini della vicenda risalgono all’ottobre 2024: in quel momento il capannone che ospitava la Vingi Shoes fu ceduto alla ditta Silge srl per 1,35 milioni. La cifra sarebbe stata corrisposta in assegni circolari. Sette mesi più tardi arrivò la sentenza dichiarativa di messa in liquidazione giudiziale (fallimento) formulata dal tribunale di Trani per l’azienda calzaturiera. La prossima settimana dovrebbe esserci l’udienza sul reclamo presentato dai proprietari dell’azienda (con l’avvocato Gennaro Cefola). Inoltre, proprio un anno fa, la società era stata al centro di una vertenza finita anche sul tavolo della task force regionale per l’occupazione. L’intesa raggiunta il 17 ottobre 2024 consentì, di fatto, all’azienda calzaturiera barlettana di proseguire l’attività nello stabilimento di via dell’Euro, la cui cessione al nuovo proprietario era già avvenuta e, come detto, fu ratificata tre giorni dopo.
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n quella circostanza fu scongiurato il licenziamento dei circa 100 lavoratori in sciopero dal 7 ottobre 2024 e promotori di un sit-in davanti allo stabilimento dal giorno successivo. Sempre in base all’accordo raggiunto in Regione, la Vingi Shoes ha poi avuto la possibilità di proseguire le proprie attività nel capannone ceduto fino al 31 marzo 2025. La speranza di salvataggio dei lavoratori risiedeva in un nuovo piano industriale che, però, non è mai arrivato. L’epilogo non è stato dunque quello sperato e con il fallimento dell’azienda i dipendenti sono attualmente in Naspi.

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