Continua la lunghissima staffetta della Gazzetta verso il 2021, anno di Potenza «Città Europea dello Sport». Dopo «Matera 2019», sarà il Comune di Potenza a condurre la Basilicata in una nuova esaltante avventura internazionale. Continua la staffetta, attraverso le testimonianze dei protagonisti di ieri, di oggi e di domani, tra curiosità, ricordi, aneddoti legati alla loro storia sportiva. E on line sulla Gazzetta le foto e i video-messaggi del nostro fotoreporter Tony Vece.
Dopo l’olimpionico Donato Sabia (26 gennaio), il campione del mondo Franco Selvaggi (2 febbraio) e il portabandiera di nuoto e pallanuoto Roberto Urgesi (10 febbraio), l’allenatore di karate Vincenzo D’Onofrio (17 febbraio), la cestista “buttafuori” Monica Imperiale (24 febbraio), è la volta di Vito “Chico” Postiglione, 43 anni (compiuti venerdì), pilota potentino, tra i più apprezzati nella categoria Gran Turismo.
Parlano i numeri: 231 podi, 119 primi posti, 59 secondi e 53 terzi. Ha vinto in tutti i monomarca cui ha partecipato: dal Trofeo Mégane fino al Porsche Carrera Cup, al Ferrari Challenge. E al volante della Lamborghini Huracán, sempre nel Team Imperiale Racing, si prepara ora alla stagione 2020: il Lamborghini Super Trofeo Europa, i Campionati italiano GT3 Endurance e Sprint.
Dal paddock, ai box, alla pista. Il passo è breve. Non importa se sia l’anello di Monza o di Silverstone, del Mugello o lo Spa-Francorchamps (il circuito che preferisce). Quel piccolo spazio che fa da filtro, tra il fuori e il dentro la pista, è sempre uguale. Una sorta di garage ad altissima tecnologia, tra piloti, meccanici, giornalisti, appassionati. È qui che ci si prepara alla gara in un’escalation di emozioni uniche: l’attesa, lo start e la festa quando si sale sul podio. Emozioni difficili da raccontare. Un mondo che Vito “Chico” Postiglione ha ricreato nel suo garage a Potenza e che si respira nella sua casa.
La sensazione entrando è quella di chi si è lasciato alle spalle il paddock e si trova nel box tra trofei, ricordi, fotografie, targhe, striscioni...
«Questo è il mio mondo. È un modo per portare nella mia terra una parte di paddock con i tifosi che mi seguono, entrano in pista, vogliono la foto, chiedono l’autografo. Sono tanti i Potentini che pur non potendo venire sui circuiti mi seguono a Potenza, vedono le gare in streaming, sui social, in tivù. Sono davvero straordinari. Alla mia centesima vittoria si sono presentati sotto il palco con uno striscione e al rientro a Potenza, nel 2012, mio figlio e i miei nipotini mi hanno accolto con un disegno e tanti cuori attaccato sulla porta di casa».
Piccoli fan che le fanno rivivere l’inizio della carriera.
«La passione per i motori è nata per gioco, avevo 5 anni quando ho cominciato a guidare, non arrivavo neppure ai pedali. A 7 anni mio padre mi portava a correre al Pantano, sulla pista Cobra di go-kart. Le prime gare in una mini scuderia la Pak, seguito dal dottor Rocco Romeo, che abitava vicino casa, grande appassionato di automobilismo e anche pilota. Ricordo che sfuggivo a tutti i controlli, prendevo l’A112 di papà e ancora minorenne giravo intorno al palazzo di fronte alla pasticceria di mio padre in via Appia. Quanto rumore e sgommate, al punto che il condominio decise di mettere il cancello per non farmi passare».
È un fiume di ricordi che si porta dentro, guardando al futuro. Nel suo fitto curriculum il racconto di una vita, tra casa e pista. Ogni anno una storia. Ne citi qualcuno?
«Il 1998: 15 gare vinte in salita su 19, a bordo della Peugeot 106, 1300 gruppo N, preparata dal Maestro Antonio D’Andrea. Il 1999: debutto in pista a Vallelunga e il 2000 primo al Trofeo Renault Mégane. Il 2005: ingresso nel mondo Ferrari. Il 2007: campione italiano e mondiale Ferrari Challenge. Il 2012, titolo italiano Porsche Carrera Cap con il team Ebimotors. Il 2013, con lo stesso team, campione italiano GT3 in coppia con Lucchini. Tra i 10 migliori piloti al mondo nella classifica Porsche».
Ma non finisce qui, è una lunga serie di successi fino al 2019...
«Anno da cancellare. Siamo stati protagonisti fino alla fine, poi nelle ultime tre gare tutto vanificato».
E ora si riparte.
«Anche nel 2020, per la quinta stagione, corro con i colori dell’Imperiale Racing in Lamborghini. Sono il pilota di punta sempre in coppia con Kikko Galbiati. Domenica a Barcellona i test in vista dell’avvio di stagione a Monza il 17 aprile. Questo è un anno molto difficile. Scendere in pista sarà un modo per distrarmi. Devo riprendermi dopo una vita insieme dedicata all’automobilismo».
Non c’è bisogno di altre parole davanti alla foto della moglie Chiara (prematuramente scomparsa il 5 dicembre) posta sullo sfondo della parete dove campeggiano i trofei più importanti. In braccio ha il piccolo Luigi...
«Ora ha 17 anni e anche lui sta cominciando a muovere i primi passi da pilota. Per il mio compleanno ha fatto preparare una torta a sorpresa con la mia foto con il casco. E questo è il suo primo go-kart (coperto da un telo nell’angolo del box, ndr)».
Il suo fan più grande?
«Non c’è più. Enzo Guarino. Per tutti era lo «zio». È morto a giugno a 72 anni. Mi ha seguito per 15 anni in giro per l’Europa. Era sempre con me, abbiamo vissuto vittorie, sconfitte, delusioni».
(il pilota insieme al figlio nel giorno del suo 43esimo compleanno)
Perché la chiamano Chico?
«Mi ha sempre chiamato così mia madre. Vito non le piaceva. E sono rimasto Chico per tutti. Nel mondo delle corse sono Vito. All’inizio, quando mi chiamavano Vito non mi giravo».
Chi sono i suoi idoli?
«Da piccolo, Senna e Schumacher. Oggi, Leclerc e Verstappen sono veri talenti».
Tra i suoi avversari anche grandi piloti?
«Negli ultimi due anni, ho gareggiato contro Fisichella e Jack Villeneuve, in coppia sulla Ferrari, 27 come quella del grande Gilles. Ho incontrato i big della Formula 1, piloti e manager. Quando Felipe Massa vinse in Formula Renault 2000, io conquistai il titolo italiano con la Mégane. Molti mi sono stati vicini anche nel momento del dolore».
In pista non ha paura?
«No. Ho sempre usato la testa, non ho mai osato. Le nostre macchine sono sicure, so quello che faccio».
(il pilota con lo zio Vincenzo Guarino, compianto, fido accompagnatore)
Il sogno più grande?
«Partecipare alla 24 Ore di Le Mans, la famosa gara di durata di automobilismo. A 43 anni, non è difficile, ma neppure facile. Peccato che il Team Imperiale Racing non ha le GTE».
E la Formula 1?
«È il sogno di tutti i piloti. Avevo 21 anni, amavo correre. Poi la realtà è un’altra. È uno sport molto costoso. Certo se fossi arrivato un pochino prima. Purtroppo nella nostra realtà non ci sono impianti, anche la pista di go-kart non c’è più da 15 anni e non ci sono aziende che possano investire anche su nuovi piloti e talenti. Ma alla fine sono soddisfatto, mi è sempre piaciuto il Gran Turismo».
Non ha mai pensato di lasciare la Basilicata?
«Sono stato sempre legato alla mia terra e lo sono tuttora. Alla mia città e alla mia famiglia. Con Chiara ci siamo fidanzati a 13 anni, poi ci siamo sposati, è nato Luigi e abbiamo condiviso la mia passione e la mia carriera. Certo arrivando dal Sud è stato più difficile, ma quanto orgoglio a 22 anni quando nel paddock si chiedevano: “Ma chi è questo ragazzo di Potenza?”».
Ha portato in tutto il mondo il nome del capoluogo lucano e della Basilicata. E ora con Potenza, Città Europea dello sport 2021?
«Spero di poter rimanere nel mondo dell’automobilismo il più possibile e continuare a portare sul podio la mia città».
Come tutti i piloti ha le sue scaramanzie?
«Ho una ritualità nel vestirmi e nel ripetere sempre gli stessi gesti, bracciale, orologio, calzini».
E il casco...
«Sarà speciale in questo 2020. Tutto dedicato alla mia famiglia: tre cuori che si intrecciano: il mio, quello di mia moglie Chiara e di mio figlio Luigi».
Insieme per vincere e per guardare avanti.