«Pane, taralli e focacce sono i prodotti principe del mio forno, in pieno centro a Bari. Ultimamente i panificatori si sono avvicinati alla cucina, io invece ho fatto una scelta diversa. Noi non siamo chef, siamo dei panificatori e realizziamo prodotti che sposano la nostra terra». Rappresenta e racconta la focaccia barese in Puglia e nel mondo (anche grazie alla trovata di surgelarla, conservando intatte tutte le sue caratteristiche), Giuseppe Concordia, titolare del “Panificio Adriatico” a Bari.
«La focaccia di Bari si può fare solo a Bari e non ad Altamura, così come il pane pugliese non può essere prodotto in Lombardia. È questione di atmosfera, di aria con i suoi microorganismi; aspetti che scientificamente condizionano lo sviluppo e il risultato finale», ha spiegato il panificatore. Da Miami a New York, passando per le diverse città italiane, la focaccia barese di Giuseppe percorre migliaia di chilometri, «con la soddisfazione di chi, come me, prova a esportare questa ricchezza oltre i confini regionali». E su quella che si candida a essere la focaccia più buona d’Italia, la querelle viene servita in teglia: «Le focacce liguri godono di una posizione geografica che ne facilita il marketing e la diffusione del prodotto, senza dimenticare la predisposizione a fare cartello –; ha detto il fornaio barese – noi pugliesi, invece, tendiamo a chiuderci e questo ci penalizza. Poi, diciamo la verità: la focaccia di Recco non è una focaccia, perché non ha lievito e c’è dello stracchino, per cui non può ritenersi tale, diversamente da quella di Genova. Vince la diversità, comunque».
Pronta la risposta da Recco, per bocca di Daniela Bernini, responsabile relazioni esterne e comunicazione del “Consorzio Focaccia di Recco Igp”: «La focaccia di Recco è una cosa a sé. La focaccia genovese è quella lievitata, come la barese. Quella di Recco, invece, è preparata con due sfoglie di pasta fatta al momento senza lievito, quindi è molto leggera e digeribile. Al suo interno, c’è uno strato di crescenza fresca, olio extravergine e sale. S’inforna per pochi minuti a 300 gradi e il nostro oro è pronto per essere gustato». Se la ricerca indica nel 40 per cento il fatturato proveniente dalla vendita di focacce, “noi di Recco alziamo la media”, ha sottolineato l’anima della focaccia di Recco. «La nostra focaccia è l’attrattiva turistica del paese, siamo un’Igp e il nostro disciplinare, molto severo, esclude il metodo di conservazione». Tante le soddisfazioni che regala alla cittadina: «Sono due anni che il New York Times ci dedica una pagina, siamo molto contenti. A maggio, per la festa della focaccia, arrivano un centinaio di pullman a Recco, con oltre ventimila persone». La più buona secondo Daniela? «Ovviamente quella di Recco, ma sono gustose anche le altre». «La focaccia è lo snack salutare per eccellenza, lo street food italiano. Agile, veloce, da mangiare per strada o a casa, a scuola, la focaccia è amatissima, è una tradizione», ha aggiunto Giuseppe Frizzale, chef e presidente del Consorzio «Focaccia di Bisceglie», entusiasta alla notizia di un possibile inserimento nel Sigep di una competizione tra focacce. La querelle sulla focaccia più buona, secondo il biscegliese, da viene vinta? «Con la Liguria c’è una diatriba importante, non solo sulla focaccia ma anche sull’olio. La regione ligure si ritiene la patria della focaccia, però vorrei ricordare agli amici genovesi e a quelli di Recco che la focaccia per eccellenza è quella pugliese, perché ha nei pomodori (insieme all’olio Evo) il suo punto di forza. Quella di Bisceglie, poi, appartiene oramai al patrimonio gastronomico e culturale del nostro Paese», ha concluso Frizzale.