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Dai vicoli di Taranto ai canali di Amsterdam: il sogno di «Casa Nostra»

 
Fabiana Pacella

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Fabiana Pacella

Dai vicoli di Taranto ai canali di Amsterdam: il sogno di «Casa Nostra»

Nel rinomato quartiere De Pijp della capitale olandese c’è «Casa Nostra» dei tarantini Davide de Biaso e Manuel Trivisani

Lunedì 15 Gennaio 2024, 07:00

TARANTO - La risata che sa di sole, l’accento che porta in un baleno ai vicoli di Taranto, la genuinità di una salentitudine che non conosce meridiani e paralleli e s’attacca alle membra come un virus. Di quelli buoni però.

Un pezzo di Puglia autentica pulsa nel rinomato quartiere De Pijp ad Amsterdam, si chiama Casa Nostra ed è il ristorante di Davide de Biaso e Manuel Trivisani, 35 e 39 anni, amici d’infanzia originari di Taranto, che hanno cavalcato l’onda di un sogno di famiglia, ne hanno fatto una sfida personale che ancora erano ragazzini e alla vigilia dei dieci anni di attività – candeline pronte per il prossimo 26 gennaio – sono ambasciatori della pugliesità dei valori e della bellezza.

Manco l’avrebbero immaginato quando arrivarono in Olanda «14 anni fa per cambiare vita, esplorare nuove prospettive e opportunità - raccontano -. Da Taranto guardavamo ad Amsterdam come a una realtà internazionale, cosmopolita, da cui valeva la pena tentare l’impossibile».

Manuel aveva sempre lavorato in bar e ristoranti, Davide in un ufficio, ma quel sud baciato sì dalla natura gli stava stretto, avevano entrambi ali che faticavano a spuntare. Giovani al punto giusto per provarci, gettarsi, prendere un aereo e partire. Dolceamaro destino di tanti, quaggiù.

«All’inizio è stata dura, venivamo dalla terra del sole e del mare e qui il sole non si vede – sorridono senza tradire per un istante l’accento delle origini -. Un impatto duro, ma le opportunità c’erano, siamo partiti con quattro soldi in tasca e tanta volontà di realizzare un sogno, produrre. Così abbiamo cominciato a lavorare insieme in un coffee shop».

Poi le sognate “porte scorrevoli” del destino: un collega italiano di Davide e Manuel aveva aperto un ristorante in città, dopo un anno l’attività stava andando a rotoli, e i due amici decisero di rilevarla. «Avevamo quel sogno di riprendere le radici, lì nel cassetto, peraltro avevamo sempre cucinato per gli amici, quando eravamo giù. Perché non partire da lì?»

Ecco il salto, dal profondo del cuore verso l’ignoto. Con l’aiuto e l’olio di gomito di compagni d’avventura speciali, i loro quattro genitori.

Strada maestra, il cuore di Erminio, il nonno di Davide oggi 85enne, che aveva sempre cullato il sogno di un ristorante tutto suo e negli anni aveva messo da parte oggetti, arredi, complementi, masserizie, piatti, pentole e bicchieri che chissà se avrebbero trovato casa.

Quella casa è arrivata, grazie al nipote, oltre i confini nazionali.

«I nostri genitori sono saliti su all’inizio per avviare l’attività con noi, ci hanno dato una mano sia dal punto di vista economico che fisico e pratico. C’era anche nonno Erminio, colmo di felicità. Abbiamo rinnovato il locale, lo abbiamo riempito con gli oggetti che ci ha dato lui, abbiamo fatto tutto da noi, in famiglia, e abbiamo sin da subito deciso che Casa Nostra doveva davvero raccontare le radici, i nostri affetti, la nostra terra».

Una scelta corsara all’epoca, quando la Puglia ancora non era conosciuta in tutto il mondo come oggi.

Orecchiette, cavatelli con le cozze, cacio ricotta, cime di rapa, cozze e fagioli, parmigiana, fave e cicoria raccontano non la cucina italiana generalmente intesa ma la tavola pugliese «spesso ci chiedevano lasagna e carbonara e passo dopo passo abbiamo fatto conoscere le nostre origini. Oggi, dopo tanta fatica e resistenza, siamo il punto di riferimento degli expat, dei turisti e anche dei locali».

Pasticciotti, caffè Quarta da Lecce, ceramiche di Grottaglie e prodotti che arrivano per il 70% dalla Puglia. Brochure, foto e video che raccontano il tacco d’Italia. In questo angolo profumato di sogni e affetti c’è il balsamo di un sud puro, quella prossimità e quell’abbraccio naturale che è nel dna dei figli di questa terra.

«Ricordiamo Svetlana, fuggita dall’Ucraina in guerra, che ci guardava fare orecchiette e pasta fresca in vetrina. Un giorno ci disse che aveva sempre desiderato imparare i segreti della pasta fatta in casa e allora glielo abbiamo insegnato e oggi lavora con noi. Questo è essere fratelli, in qualsiasi parte del mondo ci si trovi».

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