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Tutele al fagiolo della «signora»

 
Redazione online

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Tutele al fagiolo della «signora»

L’Arca del Gusto di Slow Food imbarca il legume coltivato nella zona di Pulsano

Domenica 23 Aprile 2023, 10:00

Il fagiolo della «signora» di Pulsano entra nell'Arca del Gusto della Fondazione Slow Food. «I prodotti dell’Arca del Gusto – dichiara Franco Peluso, presidente Slow Food Grottaglie Vigne e Ceramiche – sono presenti in 151 Nazioni, con presenze in tutte regioni italiane, che sono stati rintracciati e descritti grazie all’impegno della rete che Slow Food ha sviluppato in tutto il mondo con l’obiettivo di conservarli e diffonderne la conoscenza. Il Fagiolo della Signora è frutto del lavoro sinergico portato avanti grazie alla collaborazione dei produttori e, in particolare, di Francesco Vergallo che si è fatto promotore dell’iniziativa accolta con entusiasmo e portata avanti per circa due anni di lavoro, ricerche, documentazione e sperimentazione. La segnalazione è stata curata da Felice Suma, della Task Force Presìdi di Slow Food Puglia».

Il fagiolo della signora di Pulsano (Phaseolus vulgaris) è una varietà tradizionale coltivata da oltre 150 anni lungo la fascia costiera ionica nella zona orientale di Taranto, specificatamente nel territorio del comune di Pulsano. È pianta annuale a rapido sviluppo con apparato radicale molto ramificato e piuttosto superficiale, di altezza media di 50 cm. Il colore è bianco sporco, caratterizzato nella zona ileale da una sottile macchia rosso carminio che richiama delle labbra tinte di rossetto; da qui pare derivi il nome dialettale di Lu Pasulu ti la SIgnura o Tintu. Il prodotto è uno degli alimenti principali della dieta locale e viene conservato secco e consumato tutto l’anno.

Tradizionalmente, il fagiolo della signora era cotto lentamente nella pignata, la tipica pentola di terracotta posizionata nel camino in prossimità della fiamma o sui carboni ardenti. La sera prima della cottura, i fagioli erano setacciati e puliti dalle impurità strofinandoli con acqua e sale, quindi si lasciavano a bagno per tutta la notte. La mattina successiva, i fagioli erano nuovamente risciacquati e messi a bollire in pentola con abbondante acqua. Una volta eliminata l’eventuale schiuma superficiale, si aggiungeva una cipolla rossa o gialla, il sedano, i pomodori, una foglia di salvia e, a fine cottura, un rametto di rosmarino. Il tutto era lasciato cuocere lentamente per almeno un’ora e salato poco prima del termine della cottura. Il piatto era poi servito in forma di crema calda e condito con olio extravergine di oliva a crudo. La coltivazione di questo fagiolo è caratterizzata da due fasi principali: la prima consiste in una piccola semina effettuata a inizio primavera (con raccolto a fine luglio) da cui si ottengono i semi necessari per la semina vera e propria di inizio agosto (con raccolto a ottobre). Prima di entrambe le semine, il terreno è arato ad una profondità di circa 30-35 cm. Questo metodo di coltivazione tradizionale, che in passato garantiva un approvvigionamento sicuro per lunghi periodi, è praticato ancora oggi.

La coltivazione era affidata agli uomini, mentre la raccolta era svolta con l’aiuto delle donne; i bambini, infine, si occupavano della pulizia dei frutti. I fagioli erano poi fatti essiccare sui “cannizzi”, stuoie tradizionali utilizzate per l’essicazione degli alimenti.

Attualmente, il fagiolo della signora è custodito e coltivato solo da una ventina di anziani contadini pulsanesi ed è disponibile in quantità molto limitate (da aprile a luglio è praticamente introvabile). Il rischio di perdere definitivamente questo prodotto è ormai elevato, sia per il ridotto numero di coltivatori che per la minaccia del “ragnetto rosso” che attacca la pianta del fagiolo.

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