Cambiano le regole su chilometro zero e filiera corta. Due espressionbi spessi usate, se non abusate, e su cui il Parlamento è intervenuto questa etsate cambiando le carte in tavola e stabilendo nuove regole di ingaggio anche nei settori degli appalti. A fine giugno, dopo uno stallo di tre anni nei passaggi tra Camera e Senato, è stata definitivamente varata la norma ( la legge 61/2022, poubblicata nella Gazzetta ufficiale del 11 giugno 2022, con decorrenza 26 giugno) che introduce nuove regole sulla «valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta», stabilendo anche la disciplina per l’utilizzo di tali espressioni.
Si considerano - adesso - a chilometro zero quei prodotti che provengono da luoghi di produzione e di trasformazione della materia prima agricola (o delle materie prime agricole primarie) posti a una distanza non superiore a 70 chilometri dal luogo di vendita, o comunque provenienti dalla stessa provincia del luogo di vendita (modifica aggiunta dal Senato). O dal luogo di consumo in caso di servizi di ristorazione. Sono compresi anche i prodotti della pesca nelle acque interne e lagunari, provenienti da punti di sbarco posti a una distanza non superiore a 70 chilometri.
Sono prodotti da filiera corta, invece, quelli la cui commercializzazione è caratterizzata dall'assenza di intermediari commerciali o dalla presenza di un solo intermediario tra produttore e consumatore finale. Nel passaggio dalla Camera al Senato è scomparsa l’espressione «utile» che originariamente era accanto al «chilometro zero» e ha introdotto due modifiche alla parte che riguarda gli appalti nel settore della ristorazione collettiva.
Nel testo sdoganato dalla Camera era stato previsto che l'utilizzo dei prodotti a chilometro zero o provenienti da filiera corta venisse considerato, a parità di offerta, criterio di premialità rispetto agli altri prodotti di qualità, quali i prodotti biologici, tipici o tradizionali, i prodotti a denominazione protetta e quelli provenienti dall'agricoltura sociale. Al Senato quest’ultimo passaggio è stato soppresso. Resta tuttavia fermo il rispetto del principio: e cioè che può definirsi a chilometro zero solo quel prodotto che rispetta la distanza dei 70 chilometri. Tesi recepita nello stesso articolo (il 6) che riguarda gli appalti aventi per oggetto la ristorazione collettiva, come ad esempio la refezione scolastica.
Insomma, per i servizi di ristorazione la valutazione dell'offerta tiene conto, della qualità dei prodotti alimentari, con particolare riferimento a quella di prodotti biologici, tipici e tradizionali e di prodotti a denominazione protetta e indicazione geografica tipica, del rispetto delle disposizioni ambientali in materia di green economy, dei criteri ambientali minimi (CAM, 2020) pertinenti, della qualità della formazione degli operatori e della provenienza da operatori dell'agricoltura biologica e sociale.
Per intenderci: in un bando in cui è previsto il «Km 0» (con premialità), produco zucchine in Salento e le vendo a Bari (o le utilizzo per un servizio di ristorazione), non può definirsi prodotto a chilometro zero; ma può essere a filiera corta se vi è un solo passaggio. Vicersa, le rape prodotte (coltivate/raccolte) a Fasano potranno essere considerate a Brindisi (e in un raggio di 70 chilometri) un prodotto a chilometro zero. Nel caso di prodotti «trasformati», invece, se produco mozzarelle a Gioia del Colle e il latte proviene da un allevamento distante oltre 70 chilometri non si potrà definire a chilometro zero. Vicersa, se il latte arriva da un allevamento nel raggio di 70 chilometri (oppure entro la stessa provincia), l’affermazione di «Km zero» sarà corretta.
La norma, così come modificata da Palazzo Madama, ha altresì previsto prevede l'istituzione dei loghi «chilometro zero» e «filiera corta» con apposito decreto del Mipaaf per definire le condizioni e le modalità di attribuzione del logo, le modalità di verifica e attestazione della provenienza territoriale, gli adempimenti relativi alla tracciabilità, nonché le modalità con cui fornire una corretta informazione al consumatore.