STATTE - Sono 9 le persone fisiche e 2 le società che rischiano di finire a processo dopo il coinvolgimento nell'inchiesta sugli appalti sospetti al Comune di Statte. Il pubblico ministero Lucia Isceri ha infatti chiesto il rinvio a giudizio per ex dirigenti e imprenditori accusati a vario titolo di corruzione e turbativa d’asta per la gestione illecita di una serie di appalti e affidamenti diretti concessi dietro il pagamento di mazzette.
Secondo quanto emerso dalle indagini condotte delle fiamme gialle del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, l’ex dirigente comunale Vincenzo La Gioia avrebbe truccato gare e concesso affidamenti diretti alle imprese riconducibili a Marco Moscaggiura ottenendo in cambio mazzette del valore pari al 10 per cento degli appalti: una dozzina i servizi finiti sotto la lente degli investigatori per un valore di poco superiore agli 800mila euro che ha spinto il pm Isceri a chiedere e ottenere anche un sequestro nei confronti di La Gioia di 82mila euro, ritenuto l’ammontare delle bustarelle intascate. Tra i servizi su cui si sono accesi i riflettori degli inquirenti spuntano quelli per la pulizia e la manutenzione degli immobili comunali e anche la gestione in «global service» di servizi integrati. Secondo quanto emerge dalla lettura degli atti dell’inchiesta numerose società riconducibili a Moscaggiura «sono risultate per circa due anni pressoché uniche destinatarie degli appalti o affidamenti» gestiti da La Gioia. La modalità era quasi sempre la stessa: alla gara venivano invitate più aziende, alcune riconducibili allo stesso Moscaggiura altre invece erano di province lontane dal territorio di Statte e così alla fine l’aggiudicazione era quasi automatica. Non solo. In un episodio la società di Moscaggiura era arrivata seconda in un servizio del valore di circa 150mila euro, ma La gioia ha escluso la prima classificata senza una motivazione reale.
Ancora più strano, per il pm Isceri, è che questa azienda nonostante la mancanza di motivazione e la portata economica del servizio non abbia neppure fatto ricorso.
«È estremamente indicativo – si legge nelle carte dell’inchiesta – che il verbale risulti aperto alle ore 11.50 e chiuso dopo soli 5 minuti alle 11.55, un tempo senz’altro insufficiente ad esaminare le offerte».
Tra i due, secondo i magistrati, esisteva «uno stabile pactum sceleris» che aveva consentito la realizzazione di episodi di corruzione avvenuti «in modo sistematico e diffuso». Un sistema basato sulle mazzette secondo gli inquirenti sintetizzato emblematicamente nelle parole che proprio Moscaggiura ha offerto a un suo interlocutore durante una telefonata intercettata dai finanzieri: «ungi l’asse che la ruota gira».
Il 12 aprile 2023 agli arresti domiciliari erano finiti l’architetto Vincenzo La Gioia, ex responsabile del settore «Assetto territorio e sviluppo economico» di Statte e gli imprenditori Marco Moscaggiura, Oronzo Moscaggiura e Amedeo Pesare.
Dopo l'ordinanza del gip Alessandra Romano, i difensori i loro difensori, gli avvocati avvocati Alessandra Semeraro, Egidio Albanese, Pasquale Blasi e Rosario Levato, avevano fatti ricorso al Tribunale del riesame che però ha confermato la detenzione ai domiciliari per i quattro.