“Senti, io ho chiamato anche l’altra volta. Ho la minaccia di uno, un ragazzo marocchino come me. Mi seguiva tutti i giorni, però lui ha il divieto che non può entrare a Foggia, mi minacciava sempre. Mo’ tutti i giorni viene vicino casa mia: lo caccio, ma lui viene lo stesso. Mo’ ho finito di lavorare, il tempo di arrivare a casa e lui sta correndo dietro di me, sta dietro di me. L’ho denunciato, mo’ sta arrivando verso di me”. Poi le urla strazianti. Così gli ultimi istanti di vita in diretta telefonica con il 113 di Hayat Fatimi, 45 anni, la cuoca marocchina residente a Foggia accoltellata vicino casa in vico Cibele poco dopo la mezzanotte dell’8 agosto scorso. Chiese aiuto alla Polizia dopo aver rivisto l’ex compagno che aveva denunciato per stalking, inseguirla. La volante arrivò poco dopo, ma per la donna non c’era più nulla da fare.
Accuse da ergastolo - Omicidio aggravato da premeditazione e dall’essere stato commesso ai danni di una donna già vittima di stalinkin: sono le accuse da ergastolo contestate dalla Procura a Tariq El Mefedel (in alcuni atti è scritto El Mefeddel), marocchino di 46 anni, rintracciato a Roma 12 ore dopo il delitto e fermato in zona stazione; è rinchiuso nel carcere capitolino di Regina Coeli. All’epoca del femminicidio era ricercato da 10 giorni perché sul suo capo pendeva un’ordinanza cautelare in carcere per stalking. Interrogato dal gip romano che convalidò il fermo per omicidio e trasmise gli atti alla magistratura foggiana, l’uomo assistito da un avvocato d’ufficio si avvalse della facoltà di non rispondere. Il gip di Roma ne sottolineò il comportamento durante l’interrogatorio di convalida: “freddezza assoluta, anzi totale indifferenza; nessun segno di dolore né di meraviglia per l’accusa contestata”. Nei giorni scorsi Tariq El Mefedel ha nominato come difensore di fiducia l’avv. Margherita Matrella.
“Ti ucciderò” – Gliel’aveva giurata l’indagato, minacciando Hayat Fatimi che l’avrebbe uccisa se non si “fosse comportata bene”. Lo scrive il gip di Foggia Marialuisa Bencivenga nell’ordinanza cautelare confermativa di quella del collega di Roma, che altrimenti dopo 20 giorni avrebbe perso efficacia. Il giudice Bencivenga rimarca le minacce rivolte nei mesi scorsi dall’indiziato alla vittima che chiese aiuto, riferendo gli avvertimenti dell’ex compagno. “Te l’ho detto, preparati di passare la tua estate da Dio. Saluta la tua vita. Io ti amo, se non mi vuoi ti ucciderò, ti faccio finire la tua vita. Ti dico solo due parole: o sarai mia e ti comporti bene con me, o ti uccido per noi due. Moriamo tutti e due. Giuro che ti faccio finire la tua vita, giuro. Adesso te lo sto dicendo, e finirò anche la mia vita: non ti ucciderò e vado in galera, no ti uccido e mi uccido. Ci vediamo da Dio…”.
La persecuzione – Hayat Fatimi si recò in Questura il 13 maggio scorso, denunciando Tariq El Mefedel per minacce e atti persecutori. L’11 giugno l’uomo le avrebbe inviato un video in cui bruciava i vestiti, poi la raggiunse sotto casa e minacciò con un coltello; il giorno successivo i carabinieri trasmisero in Procura un’informativa per gli ulteriori atti persecutori. Il 16 giugno le inviò - prosegue l’atto di accusa - messaggi di minacce, seguiti da scuse. Attivato il codice rosso, venne emessa nei suoi confronti un’ordinanza di divieto di dimora a Foggia (e non di avvicinamento alla vittima con applicazione del braccialetto elettronico come si era ipotizzato sino ad oggi) eseguita il 15 luglio a Caserta, dove il presunto omicida risultava domiciliato. Il 28 luglio alla luce delle nuove minacce denunciate dalla vittima, a carico del marocchino fu spiccata l’ordinanza cautelare in carcere per stalking.
Tornato per finirla – Era quindi ricercato da 10 giorni Tariq El Mefedel quando la notte sull’8 agosto avrebbe ucciso l’ex compagna, raggiungendola sotto casa. La telefonata disperata della donna al 113 per denunciare la presenza del presunto stalker “s’interruppe bruscamente; si udirono le urla della donna e qualcuno colpirla ripetutamente” annota il gip Bencivenga. Un testimone assistette impotente: “ho visto una donna parlare al telefonino, un uomo avvicinarla a passo spedito con in pugno un coltello. Ha tentato di colpirla, lei ha cercato di allontanarlo senza riuscirci. L’ha accoltellata e fatta cadere, allontanandosi verso via Parisi. Lei gli ha detto qualcosa, non ho capito cosa: è tornato, l’ha colpita di nuovo ed è scappato”.
Gli indizi – “Sebbene la vittima non abbia riferito specificatamente il nome dell’aggressore, pochi istanti prima di morire riferì inequivocabilmente d’essere inseguita proprio dall’uomo che la perseguitava e minacciava di morte da mesi, che non può essere che Tariq El Mefedel” scrive il gip elencando gli indizi a carico dell’indiziato. Ci sono infatti anche i filmati registrati dalle telecamere della zona: “inquadrano di spalle un uomo che stringe nella mano sinistra verosimilmente un coltello, con fattezze fisiche simili all’indagato e abbigliamento corrispondente a quello indossato da Tariq El Mefedel al momento del fermo: jeans scuri con inserti bianchi, maglia scura con impresso sulla schiena un orsetto che impugna un coltello. Il particolare della maglia” aggiunge il giudice “è assolutamente rilevante; il testimone ha riferito che l’aggressore indossava abiti scuri con un disegno sul retro della maglia”. Si attende adesso l’esito degli accertamenti sul sangue rinvenuto sui vestiti del sospettato per ricavarne il Dna e verificare se corrisponda a quello della vittima.