Sono 25 gli arresti effettuati all’alba questa mattina dalla Squadra mobile e dalla Polizia Penitenziaria di Taranto al termine dell’inchiesta sull’ennesima piazza di spaccio anche se all’interno della casa circondariale di Taranto. Corrieri, tesorieri pusher : in 16 sono finiti (o rimasti) in cella per 9 invece sono stati disposti gli arresti domiciliari. L’indagine coordinata dal pubblico ministero Lucia Isceri ha permesso di comprendere che tutti avevanpo un ruolo nella vicenda: dai detenuti in cella ai parenti e agli amici fuori dall’istituto «Carmelo Magli». C’è chi individuava i canali di approvvigionamento delle sostanze stupefacenti, chi invece le consegnava a casa dei parenti dei detenuti che avevano il compito di farli arrivare all’interno della casa circondariale. C’erano anche coloro che gestivano le postepay su cui venivano caricati i pagamenti degli stupefacenti. Non solo detenuti, come detto: tra le persone coinvolte nell’indagine ci sono padri, madri, mogli con l’accusa di aver contribuito a vario titolo nello spaccio di droga.
Le attività investigative dei poliziotti hanno consentito come detto non solo di individuare le varie tipologie di rifornimento della droga, ma anche e soprattutto le modalità di pagamento. Nelle decine di episodi finiti sotto i riflettori delle forze dell’ordine, tra maggio e ottobre 2023, ci sono infatti i nomi e il denaro versato su alcune carte postepay dai parenti dei detenuti. Non solo. La maxi inchiesta ha consentito di appurare che nonostante le numerose indagini già portate avanti, nel carcere di Taranto continuano a essere introdotti numero di microtelefoni con i quali non solo i detenuti mantengono i contatti con le proprie famiglie, ma in alcuni casi continuano a gestire gli affari illeciti.
È il caso, ad esempio, del tarantino Mario Fagotti, ritenuto dagli inquirenti uno degli elementi di spicco della criminalità tarantina che aveva la sua roccaforte al quartiere Paolo VI: è lui a svolgere quasi il ruolo di «grossista» facendo introdurre lo stupefacente in via Speziale e poi cedendolo ad altri pusher che si occupavano della vendita al dettaglio. Uno di questi pusher per saldare i debiti avrebbe incaricato la moglie di consegnare il denaro prima alla stazione carburanti gestita dai familiari di Fagotti e poi in un negozio a poca distanza sempre nel rione a nord di Taranto.