LATERZA - «Anna, non perdere mai la tua grazia»: seguendo questo invito prezioso, pronunciato dal grande maestro, lo chef Gualtiero Marchesi, Anna Ciccarone ha costruito la sua carriera nel mondo della cucina, facendo tesoro di ogni viaggio e ogni esperienza, proteggendo la tradizione e al contempo aprendosi al nuovo.
In questi giorni di banchetti e di luci, il lavoro dello chef si esprime al massimo, tra i vapori e i suoni delle cucine, dove si fa quello che si fa da secoli, come la chef ha ricordato «si prepara per gli altri, la cucina è un atto di devozione e altruismo». Assomiglia alle trame della letteratura: la cucina racconta storie, suggerisce ricordi, ristora e conforta, regala attimi di gioia. I primi passi per Anna, classe ’79, che ci accoglie nella sua impeccabile divisa bianca, sono stati quelli in famiglia, i suoi genitori sono titolari di una storica sala ricevimenti. «Nata e cresciuta in una cucina», dice di se. Poi la laurea, Alma, una delle accademie più note al mondo, Parigi nel 3 stelle Michelin di George Blanc, col ruolo di capopartita per un anno, con il primato di prima e unica donna.
Che cos’è Alma? Quando nasce?
«Alma è un’accademia di cucina italiana che nasce nel 2005 a Colorno, vicino Parma, nella reggia estiva di Maria Luigia, dal fondatore, il maestro Gualtiero Marchesi, e dal suo direttore didattico, Luciano Tona, che è stato poi il mio mentore. Mi sento dire che sono “figlia di Alma”, una delle più prestigiose accademie nel mondo che forma dei cuochi, delle figure professionali qualificate tra allievi che vengono da ogni parte d’Italia e del mondo, anche dall’Oriente. All’epoca della vicinanza con i paesi orientali sono stata la prima chef donna a essere insignita dal titolo Chef Ambassador. Sono arrivata lì con la mia laurea in Economia e Legislazione d’Impresa presa alla Cattolica di Milano, in un ambiente tradizionalmente tendente al maschile perché anticamente era un lavoro di forza. Ricordo di una personale riflessione che feci al maestro sul ruolo delle donne nell’alta cucina: “Si ricordi che la donna ha il 25% di papille gustative in più”. Lui sorrise. Resta il fatto che ci sono pochi lavori davvero meritocratici e questo lo è certamente: puoi aver fatto tutti gli stage o essere figlio d’arte, ma, se non hai talento, se non sai cucinare, non vai avanti. Io avevo il mio know how, ma ho dovuto imparare, studiare: e il gusto non lo compri. Il cuoco è un essere pensante, non è più colui che assembla qualche ingrediente, come diceva Marchesi, lo chef è un pensatore e un imprenditore. Realizzare un piatto comporta tante cose. In primis la conoscenza delle materie prime e la ricerca, la cura del dettaglio. Io ho voluto essere completa e conseguire due specializzazioni: chef di cucina e chef di pasticceria. Sono una perfezionista».
Qual è l’idea di cucina di Anna Ciccarone?
«La cucina è amore per il cibo, gestualità e ritualità. Credo che nelle nostre mani di professionisti del settore ci sia un’eredità enorme: il patrimonio della cucina italiana che è unico al mondo e che occorre custodire, lavorare e tramandare. Mi sento lontana da questo scimmiottare la cucina: dalla dimenticanza dell’identità. La cucina è la mia passione, la cosa che più mi ha dato soddisfazioni ed è la mia acqua».
Promuovere il Made in Italy, valorizzare il nostro patrimonio enogastronomico e portare la cultura culinaria italiana all’estero: sono stati gli obiettivi della Settimana della Cucina Italiana nel Mondo…
«Ho preparato un menù che conteneva la cucina italiana tradizionale, con un po’ di rivisitazione: il risotto alla barbabietola, l’insalata sarda di pesce, la polenta, il babà con mousse al cioccolato bianco, aggiungendo le fave di tonka. Omaggio al Sudamerica in cui ho viaggiato per arricchire il mio bagaglio gastronomico e culturale. Sia in Perù che in Colombia, dove ho seguito la produzione primordiale dello zucchero di canna, la panela e le piantagioni di caffè».
Qual è il tuo progetto per il futuro?
«Sono molto emozionata nel dirlo: finalmente a breve aprirò il mio ristorante a la carte e avrò “la mia tela” dove potrò esprimere la mia idea di cucina. La mia identità gastronomica, che segue la grande cucina italiana e pugliese».