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«Caccia il figlio di Agosta o ti ammazzo», a Pulsano minacce a imprenditore per far licenziare il figlio del rivale

 
Francesco Casula

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Francesco Casula

Manduria, minacce a un imprenditore per far licenziare un dipendente: arrestato

Arrestato Anselmo Venere, 54enne, finito in carcere per estorsione dopo le indagini della Procura di Taranto

Venerdì 03 Novembre 2023, 13:03

04 Novembre 2023, 09:44

PULSANO - «Ascoltami bene, allora…io ti sto avvisando…il figlio di Maurizio Agosta lo devi cacciare. Guardati alle spalle allora da oggi in avanti figlio di puttana, devi morire mo». Parole inequivocabili quelle destinate a un imprenditore di Pulsano e pronunciate, secondo le indagini dei carabinieri della Compagnia di Manduria, da Anselmo Venere 54enne pulsanese ritenuto con l’inchiesta «No one» a capo di un gruppo malavitoso da sempre in guerra con il clan Agosta. Una contrapposizione segnata negli anni da attentati e ora anche da sgarri meno clamorosi, ma comunque in grado di riaccendere la faida nel piccolo comune della provincia.

Il 2 novembre scorso, infatti, Venere è finito in carcere con l’accusa di estorsione: avrebbe imposto a un imprenditore, minacciandolo di morte, il licenziamento del figlio del boss rivale, Francesco Agosta. Un’azione compiuta attraverso una serie di telefonate anonime che la vittima ha poi denunciato ai carabinieri. Le indagini dei militari dell’Arma, coordinate dal pubblico ministero Francesca Colaci, hanno permesso di accertare che la voce sconosciuto è in realtà quella del 54enne. «Con te lavora il figlio di quell'infamone di Maurizio Agosta? Lo devi lasciare a casa entro una settimana o ti uccido a te e a lui al figlio di quell'infamone» aveva urlato la prima volta quella voce che col passare dei giorni è divenuta sempre più insistente. Fino a quando, per paura, l’imprenditore ha licenziato Francesco Agosta. La notizia ha generato la soddisfazione dell’uomo al telefono: «apposto…ti sei comportato bene compà (…) con quel figlio di cornuto e figlio di puttana, infamone!».

È stato il gip Fulvia Misserini a firmare l’ordinanza di custodia cautelare in carcere in cui parla di «ragioni di rancore» che avrebbero mosso Venere. Il 54enne, infatti, secondo il magistrato è l’autore delle richieste estorsive e ha «ben chiaro che il reale destinatario della sua azione fosse Maurizio Agosta, lo si comprende bene – spiega il giudice - dal tenore letterale delle stesse, ove Agosta Francesco viene individuato sempre come il figlio di Agosta Maurizio». Un vero e proprio odio che già in passato aveva portato, come detto, allo scontro le due fazioni pulsanesi. Maurizio Agosta è stato ritenuto a capo della frangia pulsanese dell’associazione mafiosa riconducibile al «mammasantissima» Francesco Locorotondo, condannato definitivamente a 14 anni di carcere al temine del processo nato dal blitz dei carabinieri denominato «The Old». Agosta invece è stato condannato definitivamente a 30 di carcere come mandante dell’omicidio di Franco Galeandro, 47enne ucciso in un agguato il 22 luglio 2016 in una stradina della periferia di Pulsano: a questa si aggiungono i 20 anni di reclusione confermati dalla Corte d’appello per l’inchiesta «Taros» a opera sempre dei militari dell’Arma che lo confermano capo indiscusso della mafia egemone non solo a Pulsano, ma anche nella vicina Leporano.

E da queste indagini, ad esempio, è emerso l’attentato compiuto ai danni del rivale Venere: fu il collaboratore di giustizia ed ex affiliato del clan Agosta a svelare che su mandato del boss il 29 febbraio 2016 esplose insieme a un complice due colpi di fucile e tre colpi di pistola contro l’abitazione del 54enne. Lo stesso collaboratore svelò in passato era stato Locorotondo a mettere pace tra le due fazioni: «Andò Venere Anselmo da Locorotondo Franco – svelò Mandrillo al pm Antonella De Luca - e Locorotondo Franco chiamò Agosta Maurizio come referente di zona, e gli disse se li possiamo dare il “manto di carità” a Venere Anselmo. Manto di carità – spiegò all’epoca il collaboratore - significa per perdonare una persona che è infame». Agosta all’epoca diede il suo benestare a patto che Venere acquistasse stupefacenti da loro, ma aggiunse «Che questo è pecora zoppa sempre».

Agosta insomma, non avrebbe mai smesso di sospettare del rivale che ora, forse approfittando della sua detenzione e della decimazione del clan grazie alle inchieste della magistratura, evidentemente ambisce a occupare posizioni lasciate vacanti. E Pulsano rischi di rivivere tempi bui.

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