Certi palazzi hanno un’anima, un respiro. Gli scorre dentro lo spirito di chi li ha abitati nel tempo. E quelle pareti bianche non celano soltanto il freddo tufo con cui sono state tirate su, ma sono levigate da passioni, paure, dal peso delle responsabilità, dalla gioia delle gratificazioni raggiunte con il proprio lavoro. C’è una grande stanza, al primo piano del palazzo della Marina che delimita quell’angolo di corso Due Mari che volge a sud est, dove tutto questo si percepisce a pelle. Qui è dove gli ammiragli passano e Taranto gli resta per sempre appuntata sul cuore.
Di fronte alla scrivania dell’ammiraglio di squadra Salvatore Vitiello c’è una finestra da cui si vede il mare. Uno spicchio della rada di Mar Grande delimitato da tre confini di impagabile bellezza: il ponte girevole, i torrioni del castello aragonese e il monumento al marinaio, simboli stessi della presenza della Marina a Taranto. È lì che il sole, ogni sera, si tuffa nello Jonio e regala ai passanti i tramonti più suggestivi d’Italia. In questa stanza l’ammiraglio, che dal 2019 è cittadino onorario di Taranto, ha esercitato il suo mandato di comandante Marittimo Sud per gli ultimi 5 anni, da novembre del 2017 ad oggi. Salvatore Vitiello è stato il comandante in capo più longevo nella storia del presidio della Marina militare a Taranto. Oggi cederà il comando di Marina Sud all’ammiraglio di divisione Flavio Biaggi, nel corso di una cerimonia al castello aragonese. E tra qualche giorno assumerà a Napoli l’incarico di comandante logistico della Marina militare.
Ammiraglio il suo è un bel primato. Partiamo proprio da qui. Dopo tutto questo tempo cosa rappresenta per lei Taranto?
«Sono stato qui 5 anni, ho superato di poco l’ammiraglio Alfeo Battelli. Sono stati 5 anni molto intensi perché abbiamo fatto tante cose con le difficoltà che la città propone e poi in questi 5 anni abbiamo vissuto anche la pandemia, la prima e la seconda ondata, il lockdown. All’inizio non eravamo molto preparati, poi... ».
Un periodo difficile in cui la Marina è stata particolarmente vicina e attenta però alle esigenze della città di Taranto...
«Noi fin da subito fummo investiti dallo Stato Maggiore della Difesa e, tra il primo compito che ci fu affidato ci preoccupammo in tempi rapidi di organizzare - lo ricorderete - il servizi di drive through, con il nostro personale sanitario e sotto il coordinamento del nostro coordinatore sanitario, il comandante Salvatore Mendicini, cercavamo di individuare le persone che avevano il Covid. Avendo la responsabilità del servizio su Puglia e Basilicata, ne abbiamo messi su 16. Tutto con personale militare».
Un periodo terribile, non c’erano ancora i tamponi fai da te. Ma poi siete andati anche oltre. In che modo?
«Poi ci fu una richiesta per allestire un ospedale da campo. Lo facemmo grazie al contributo della Brigata Marina San marco a Barletta, tutto con personale della Marina militare. Questo fu il primo grande impegno».
Anche a Taranto la Marina è stata apprezzata per il contributo dato sul fronte della cura e della prevenzione...
«Noi abbiamo messo a disposizione il nostro ospedale militare, trasformandolo in una centrale operativa per il controllo dei pazienti nelle stanze. Tutto in collaborazione con la Asl locale. È stato un grande lavoro. A Taranto sono stati trattati quasi 300 pazienti. Abbiamo ricevuto attestati commoventi di stima da parte dei pazienti per l’attenzione, la professionalità e l’umanità dei nostri medici e dei nostri infermieri».
Poi c’è stato il capitolo vaccini...
«Abbiamo messo a disposizione l’Arsenale. È stata una grande operazione di pianificazione delle attività in sinergia con Comune e Asl su indicazione dei miei comandi superiori. Solo nell’hub dell’Arsenale, con due linee di vaccinazioni, abbiamo distribuito 200 mila dosi. Nel suo discorso alla festa della Marina, l’ex ministro Guerini si complimentò per il lavoro fatto a Taranto con l’hub dei vaccini in Arsenale. Fu un bel riconoscimento per il lavoro di tanti qui sul territorio».
Ci sono momenti che, più di altri, porterà nel suo cassetto dei ricordi di questa esperienza di Taranto?
«Sono tantissimi e non potrei qui anche per brevità di questa intervista citare tutte le cose, le belle cose fatte. Ma un episodio voglio raccontarlo. Ero arrivato da poco, nel 2018, e decidemmo di celebrare i 60 anni del ponte girevole. Era l’8 marzo, il compleanno di mia figlia tra l’altro. Una cerimonia indimenticabile. Ci incontrammo al centro del ponte con sindaco, prefetto, arcivescovo. Poi l’apertura e il passaggio nel canale navigabile della nave Doria tra due ali di folla con la banda che intonava l’inno d’Italia. Un mare di gente, davvero un mare... (la voce si fa rotta per l’emozione, ndr). Ecco questa direi che la mettiamo tra i ricordi belli e soprattutto indelebili...».
E il nuovo ponte? Lei ha traghettato il progetto fino alla fine. Ora stanno per partire i lavori. Che eredità lascia alla città?
«Con il Cis (Contratto interistituzionale per Taranto, ndr) sono stati trovati i fondi per il restyling. Sarà un progetto importante. Abbiamo pensato di scavallare il ponte, lo manderemo in Arsenale e sarà alleggerito con materiali innovativi. Si pensa anche al montaggio di una particolare pista ciclabile. Sarà l’immagine di una città moderna che guarda al futuro, conservando il suo passato. Il ponte girevole resta per la Marina una struttura strategica. Conserverà il suo “unicum” e servirà sempre alla forza armata per consentire il transito alle unità navali che dovranno entrare in Mar Piccolo e in Arsenale per le manutenzioni».
Accendiamo i fari sul futuro della città. Che ruolo avrà la Marina?
«C’è il progetto sulla banchina Torpediniere, ceduta non al Comune ma all’Autorità portuale. Noi in cambio abbiamo chiesto l’ampliamento della Stazione navale di Mar Grande per accogliere le nuove unità navali, penso al Trieste ad esempio. La banchina Torpediniere, insieme con la musealizzazione di alcune officine dell’Arsenale cambierà davvero il volto di questa zona della città. Tra l’altro la mostra storica, insieme con il castello aragonese sono due delle attrazioni più visitate della città. Il castello, grazie anche all’opera instancabile e meritoria dell’ammiraglio Ricci, fa dei numeri pazzeschi. Sul libro dei visitatori ci sono testimonianze di turisti giunti a Taranto davvero da ogni parte del mondo. È una bella soddisfazione per noi e per la città. Anche quella di poter contribuire alla crescita e allo sviluppo di Taranto».
Ammiraglio, se ne va da tarantino. Lei è cittadino onorario. Cosa si augura per questa città?
«È stata una cosa che mi ha colpito molto. Nata su iniziativa dell’allora consigliere Carmen Galluzzo Motolese. Ho sentito l’amore e l’affetto nei miei confronti e nei confronti della Marina. A Taranto auguro di restare sulla rotta giusta. E che si possa realizzare nei tempi previsti tutto quello che in questi anni è stato studiato e pianificato. Se già solo questo si avverasse, Taranto diventerà tra le città più belle e accoglienti d’Italia. Infine a voi auguro che i ragazzi tornino. Molti se ne vanno, studiano fuori e poi non tornano. È un peccato. Se mancano i giovani, manca il futuro. E una città meravigliosa come Taranto questo non lo merita».
Vento in poppa, Ammiraglio...
Cambio comando interregionale marittimo sud (video Todaro)