TARANTO - Certa politica s’indigna e il sindacato valuta iniziative di mobilitazione. La decisione di Acciaierie d’Italia di sospendere con un preavviso minimo l’attività di 145 ditte dell’appalto ha avuto un effetto destabilizzante. Intanto, i segretari generali di Fim, Fiom e Uilm invieranno una lettera ai ministri delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso (ex Sviluppo economico), e del Lavoro, Marina Calderone, per sollecitare un incontro. Delle 145 ditte sospese 43 sono di Taranto e si attende da parte delle aziende appaltatrici e dell'indotto un ulteriore ricorso alla cassa integrazione, dopo quello già in corso, stimato al momento per circa 2mila unità.
Per il deputato Vito De Palma e il consigliere comunale Massimiliano Di Cuia (Forza Italia), l'annuncio di Acciaierie d’Italia «è inaccettabile: per questo chiederemo l’intervento del ministro Pichetto Fratin (Ambiente) e del sottosegretario Valentini (Mise) anche per conoscere le reali intenzioni del gruppo. In gioco ci sono migliaia di posti di lavoro e per la provincia ionica sarebbe un vero disastro occupazionale».
È «assolutamente inammissibile – sostiene il senatore Antonio Misiani, commissario del Pd di Taranto - il comportamento assunto da Acciaierie d’Italia in un contesto nel quale ci si sarebbe aspettati una collaborazione ed una apertura al territorio ben diverse. Non possiamo assistere inerti a questo disastro. Dunque - prosegue Misiani - presenteremo interrogazioni parlamentari a Camera e Senato».
L’iniziativa di Acciaierie, commenta Giacomo Conserva, presidente del gruppo Lega in Consiglio regionale, «rischia di creare una vera e propria emergenza occupazionale e sociale».
ArcelorMittal, afferma Fabiano Amati, presidente della Commissione Bilancio e programmazione della Regione Puglia, «ha già ucciso l’indotto. Nemmeno un euro. Entri lo Stato e cerchi un nuovo gruppo»
Per i sindacati metalmeccanici risulta «sospetta» anche la tempistica della comunicazione di Acciaierie, arrivata a ridosso dell’incontro con i parlamentari ionici neoeletti che si terrà oggi (a partire dalle 9) nella sala Resta della Cittadella delle imprese di Taranto. Confronto che era stato già convocato per fare il punto sulla vertenza, a partire dalla gravosa situazione dell’appalto.
Auspicando un celere confronto con il governo, Fim, Fiom e Uilm chiederanno ai parlamentari impegni concreti per superare l’attuale fase di stallo. Si valuta anche il ricorso alla mobilitazione ed è soprattutto la Uim a spingere in questa direzione. «Noi – spiega alla Gazzetta il coordinatore di fabbrica Gennaro Oliva - vorremmo già partire con qualche iniziativa in moda tale che chi deve decidere su quello stabilimento lo faccia una volta per tutte. Nel bene e nel male. L’importante è che dopo 10 anni si abbia il coraggio di prendere una decisione. Non si possono tenere i lavoratori come ciondolo di una gestione dello stabilimento che, grazie a questo management, purtroppo sta andando via via allo spegnimento».
La tensione è palpabile tra i lavoratori. «Decideremo – spiega Oliva – il da farsi nel corso dell’incontro. Se dovesse partire una manifestazione, questa avrà fine solo nel momento in cui ci saranno delle risposte concrete».
Come interpretare la decisione di Acciaierie dell’indotto? «Forse qualcuno si aspettava che, con l’arrivo del nuovo governo, si velocizzassero i tempi per l’utilizzo del miliardo di euro previsto dal Dl Aiuti e per la sua destinazione. Immaginavano probabilmente di pagare i debiti con queste risorse e gli sarà stato detto che andranno impiegati per l’ambientalizzazione. Al di là di tutto ci vanno di mezzo solo i lavoratori».
Oliva attacca anche Confindustria sostenendo che l’associazione è diventata «il tappeto dell’Ad Morselli e quindi tutte le aziende che fanno parte di Confindustria o che non sono associate e hanno ricevuto la lettera sono ditte che hanno il timore e la paura di uscire allo scoperto e di essere mandate via. Noi non possiamo stare ai ricatti di questa gestione. La sospensione secondo me riguarda 145 ordini per 145 ditte. Ci sono aziende che rimarranno dentro a fare altre attività, ma togliendo quell’ordine diminuiscono i lavoratori utilizzati».
Per Vincenzo La Neve, coordinatore di fabbrica della Fim, «prima di assumere decisioni è giusto attendere l’esito dell’incontro con i parlamentari ionici. Sappiamo che c’è già stata una interlocuzione con i ministri. Se ci dovesse essere una convocazione a breve da parte del governo è inutile fare delle iniziative».
Anche il numero delle ditte sospese, osserva la Neve, «è strumentale. Si è detto genericamente che sono 145 ma sono coinvolte anche aziende con due o tre operai. Non vorremmo peraltro diventare, con una mobilitazione, complici dell’azienda nel chiedere al governo il miliardo di euro».
Il governo, afferma Francesco Brigati della Fiom Cgil, «è forte coi deboli e debole coi forti. L’unico da cacciare dai nostri confini è ArcelorMittal insieme al suo management».