TARANTO - Colpo di scena nell’udienza preliminare nei confronti degli otto autisti dell’Amat, accusati di violenza sessuale aggravata ai danni di una ragazza disabile di vent’anni. Il giudice Rita Romani ha infatti disposto l’ascolto della vittima in aula che secondo quanto emerso nel corso dell’udienza potrebbe ritrattare o quanto meno ridimensionare le accuse nei confronti degli imputati.
È stata il pubblico ministero Marzia Castiglia, nell’udienza di ieri, a far presente al giudice della nota giunta agli uffici della procura dalla quale sarebbe emersa l’ipotesi che la vittima volesse rendere dichiarazioni che potrebbero cambiare la situazione processuale.
La donna, affetta da lievi problemi psichici, sarà ascoltata in forma protetta e dalle sue parole potrebbe dipendere chiaramente l’esito del procedimento penale. Com’è noto l’indagine dei poliziotti, basata sui racconti della donna, portò a luglio 2021 alla sospensione degli otto autisti dal servizio: fu un’ordinanza firmata dal gip Francesco Maccagnano a imporre la misura cautelare basata in gran parte sui racconti della vittima ritenuta, nonostante il lieve ritardo mentale, assolutamente credibile.
La procura aveva chiesto gli arresti domiciliari, ma il giudice ritenne sufficiente il divieto di avvicinamento alla ragazza e al suo fidanzato del tempo.
È stato proprio quest’ultimo a convincere la ragazza a raccontare tutto ai carabinieri. Qualcosa, però, ora potrebbe essere nuovamente messo in discussione. Le violenze, secondo l’accusa, avvenivano sugli autobus di linea: i guidatori, in alcuni casi, avrebbero persino chiuso le porte per impedire alla poverina di allontanarsi. Alcuni si sarebbero limitati a palpeggiamenti, altri avrebbero avuto rapporti sessuali completi.
Nelle oltre 100 pagine dell’ordinanza firmata dal giudice sono descritte le «condotte violente e minacciose» degli autisti, riferite dalla ragazza agli investigatori e a due psicologhe. Restavano da soli sui mezzi con lei e approfittavano della «fragilità ben nota agli indagati, che non hanno esitato a piegare a strumento di soddisfazione e godimento per le loro voglie sessuali».
Si appartavano in luoghi isolati, sotto a un cavalcavia nei pressi del capolinea al porto mercantile o vicino a una delle portinerie dell’Ilva, chiudevano le porte del mezzo e approfittavano della «estrema vulnerabilità rispetto alle pretese altrui» costringendo la ragazzina a subire atti sessuali.
Uno degli autisti è anche accusato di aver violentato la ragazza sul sedile posteriore della propria auto, dopo averle dato un passaggio verso casa, per poi raccomandarsi di non dire niente a nessuno di quanto accaduto. Una storia già raccontata più volte dalla stampa che ora potrebbe però trovare una nuova versione.