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Covid Taranto, la nuova trincea dell'ospedale militare

 
Maristella Massari

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Maristella Massari

Covid Taranto, la nuova trincea dell'ospedale militare

La struttura sanitaria accoglie e cura i pazienti dal 23 novembre scorso

Martedì 15 Dicembre 2020, 11:23

L’ultima volta 80 anni fa. L’ospedale della Marina Militare aveva aperto le porte alla popolazione civile per prendersi cura di chi aveva bisogno in emergenza durante la guerra. Allora c’erano i bombardamenti, i feriti per le strade, bisognava tendere la mano e sostenere l’apparato sanitario civile fortemente in affanno rispetto ai bisogni di un dramma così grande come un conflitto.

Oggi si combatte di nuovo, contro un nemico infido, invisibile e scaltro. E la Marina è tornata a essere trincea per i tarantini. La forza armata, a cui è affidato il coordinamento del Centro ospedaliero militare nel frattempo divenuto interforze, ha cambiato rapidamente i suoi assetti per accogliere, dal 23 novembre scorso, i pazienti contagiati dal Covid.
L’organizzazione procede seguendo rigidi protocolli. La zona rossa dell’ospedale militare di Taranto ricorda la centrale operativa di combattimento di una nave. Al posto dei radar per osservare il mare e la costa, ci sono decine di monitor. In questa sorta di «situation room» vi si arriva seguendo un lungo corridoio. Oltre quei monitor, ci sono i militari che si prendono cura di chi soffre. Sei medici, 16 infermieri, 6 operatori tecnico-sanitari, i fisioterapisti per la riabilitazione dei pazienti più anziani e un manipolo di indomite crocerossine.

Sotto costante osservazione ci sono i pazienti, 13 in questo periodo, guardati a vista dalle telecamere di precisione montate nelle rispettive stanze. Le vecchie camerate che ospitavano la degenza dei militari, sono state rapidamente ricondizionate per i positivi al virus del secolo. L’occhio elettronico può controllare gli apparati dell’ossigeno e i monitor con i parametri vitali del paziente. Se si accende una spia, o scatta un allarme sonoro, parte la chiamata via radio ai sanitari in uniforme già pronti al di là della parete che separa quell’avamposto dal vero fronte. Dentro le camere, gli arredi sono spartani, del resto si tratta sempre di un ospedale militare, ma a poco a poco si sono compiute piccole migliorie per rendere meno disagevole il ricovero.
«Da qui in poi – ci spiega il capitano di vascello Fiorenzo Fracasso, direttore del Centro ospedaliero interforze di Taranto -, si passa solo se coperti dai dispositivi di protezione». I posti letto messi a disposizione, d’intesa con la Asl di Taranto, sono 20. «All’accoglienza dei pazienti si deve aggiungere l’attività che svolgiamo sul fronte della prevenzione - spiega il Direttore Fracasso -. Abbiamo allestito un laboratorio per processare i tamponi molecolari. Qui con noi lavorano biologi e tecnici specializzati. Dall’8 novembre ad oggi, abbiamo certificato 1.700 esami».

Come Taranto, operano – anche se con numeri maggiori – solo gli ospedali militari del Celio a Roma e di Milano. I primi pazienti negativizzati sono stati anche dimessi. Su tutti, la signora Rosa, ultranovantenne che si è lasciata alle spalle i viali alberati della struttura di via Pupino camminando sulle sue gambe. «Vederla uscire sulle sue gambe è stato un bel successo, ci ha dato una bella carica per restare concentrati».
Il lavoro normale del Centro ospedaliero non si ferma. Accanto all’ala Covid, si lavora come sempre. In questi giorni ci sono anche le visite per i Volontari in ferma breve in attesa di concorso per entrare in Marina. «È un impegno notevole – conclude Fracasso -, ma ci siamo divisi su due squadre e riusciamo a fronteggiare l'emergenza».

Ma il contributo della Marina alla lotta al Covid non si esaurisce nel perimetro delle mura dell’ospedale militare di Taranto. «Siamo presenti in tutta la Puglia per effettuare tamponi sulla popolazione. In un mese ne abbiamo realizzati 24 mila», ha spiegato alla Gazzetta il Capitano di vascello Salvatore Mendicini, coordinatore sanitario di Marina Sud e responsabile per la Puglia e la Basilicata dei «drive through» della Difesa. In Puglia ci sono 13 presìdi, dieci sono della Marina militare e 3 dell’Esercito. L’apporto dei militari è notevole. «Quello che mi colpisce è l'entusiasmo con cui vedo lavorare i miei colleghi giovani. Sono arrivati qui dopo un corso di specializzazione per far fronte a questa emergenza. Nei loro occhi vedo l’orgoglio di chi sta lavorando ad una cosa importante. E ci mette professionalità, ma anche grande umanità. Noi eseguiamo decine di tamponi pediatrici. E raccogliamo la gratitudine di tanti genitori spaventati per l’empatia che i nostri infermieri riescono a stabilire con i più piccini. Ecco, il grazie di quelle mamme e di quei papà, è la nostra medaglia più bella».

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