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Taranto, Mittal contrattacca e smentisce commissari ex Ilva: accordo difficile

 
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Ilva, nel piano Mittal Marcegagliaspuntano oltre 2400 esuberi

Depositata in tribunale la memoria da parte del colosso del siderurgico contro le accuse mosse sul "disegno" di smantellamento dell'attività

Sabato 01 Febbraio 2020, 13:03

15:53

TARANTO - «Arcelor Mittal non ha affatto depredato il magazzino per restituire un impianto privo delle materie prime necessarie ad assicurare la continuità produttiva». E scritto nella memoria depositata ieri sera con cui il gruppo replica a quella depositata lo scorso 20 gennaio dai commissari dell’ex Ilva nell’ambito del contenzioso civile in corso a Milano. «È smentito dai fatti (..) il 'processo di progressiva dismissione' suggestivamente descritto dalle ricorrenti. Al contrario, ArcelorMittal ha adeguato la gestione dei propri impianti alla crescente concorrenza, alla ridotta domanda di acciaio in Europa e alla relativa sovraccapacità produttiva globale sulla base di una razionale scelta». Lo si legge nella memoria con cui il gruppo replica a quella depositata lo scorso 20 gennaio dall’ex Ilva nell’ambito della causa civile in corso a Milano.

I commissari dell’ex Ilva, «non escogitano nulla di meglio che aggrapparsi alla solita, sgonfia ciambella della 'inutilità' dello scudo penale quale 'doppionè" di quanto prevede il codice penale. Lo si legge nella memoria depositata ieri sera con cui ArcelorMittal replica a quella dei commissari del 20 gennaio nell’ambito della causa civile. "Sostenere che» lo scudo «non servisse a nulla e che fosse perfettamente legittimo» eliminarlo, prosegue, è tesi idonea per la moltitudine di trionfanti dichiarazioni politiche».

«Sono diffamatorie tutte le allegazioni relative agli asseriti danni a impianti di interesse strategico nazionale derivanti dalla presunta mala gestio di ArcelorMittal o dalle modalità con cui avrebbe inteso restituirli a Ilva». Lo si legge nella memoria depositata ieri sera con cui ArcelorMittal replica a quella dei commissari del 20 gennaio nell’ambito della causa civile in corso a Milano. Per il gruppo le nuove ragioni allegate nell’atto della controparte "sul periculum sono temerarie e rasentano la calunnia».

DISPOSTI AD ACCORDO RESTITUZIONE -  «Arcelor Mittal, andando ben oltre i propri obblighi contrattuali, sarebbe disposta a concordare, in buona fede e anche sotto la supervisione» del Tribunale «le modalità per garantire la più agevole restituzione dei Rami d’Azienda e venire incontro alle esigenze di Ilva (mentre quest’ultima si è limitata a opporre il proprio pervicace rifiuto a riprendere la gestione)». Lo si legge nella memoria con cui il gruppo replica a quella dei commissari nell’ambito della causa civile.

LA SMENTITA - Come si legge nella memoria depositata ieri sera dal gruppo franco indiano «i lamentati rallentamenti della capacità produttiva sono dipesi da fattori indipendenti dalla volontà di ArcelorMittal, fra cui le vicende relative» all’Altoforno2 (Afo2) «e il generale andamento del ciclico mercato dell’acciaio e le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime conseguenti al sequestro del molo» in seguito all’incidente dello scorso luglio in cui è morto un operaio.
Inoltre, «l'utilizzo a rotazione degli altoforni è dipeso principalmente da 'cause esterne quali la mancanza di materiali in ingresso allo stabilimento e l’impossibilità dell’acciaieria a ricevere la ghisa prodottà (e, comunque, non ha affatto danneggiato gli impianti)».

In più, si sostiene, «le minori modifiche nello stock di materie prime in magazzino, all’epoca del recesso, sono da ricondursi sia alle descritte difficoltà di approvvigionamento sia alla doverosa cautela derivante dall’incerta situazione di Afo2 e alla perdita della Protezione Legale, con la conseguente programmata retrocessione ordinata dei Rami d’Azienda, a ragioni, cioè, che nulla hanno a che vedere con le (inesistenti) finalità depredatorie di Arcelor Mittal».

Come si legge nella memoria depositata ieri sera dal gruppo franco indiano «i lamentati rallentamenti della capacità produttiva sono dipesi da fattori indipendenti dalla volontà di ArcelorMittal, fra cui le vicende relative» all’Altoforno2 (Afo2) «e il generale andamento del ciclico mercato dell’acciaio e le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime conseguenti al sequestro del molo» in seguito all’incidente dello scorso luglio in cui è morto un operaio.

Inoltre, «l'utilizzo a rotazione degli altoforni è dipeso principalmente da 'cause esterne quali la mancanza di materiali in ingresso allo stabilimento e l’impossibilità dell’acciaieria a ricevere la ghisa prodottà (e, comunque, non ha affatto danneggiato gli impianti)».

In più, si sostiene, «le minori modifiche nello stock di materie prime in magazzino, all’epoca del recesso, sono da ricondursi sia alle descritte difficoltà di approvvigionamento sia alla doverosa cautela derivante dall’incerta situazione di Afo2 e alla perdita della Protezione Legale, con la conseguente programmata retrocessione ordinata dei Rami d’Azienda, a ragioni, cioè, che nulla hanno a che vedere con le (inesistenti) finalità depredatorie di Arcelor Mittal».

MITTAL: DIFFAMATORIO PARLARE DI MALA GESTIO - La «temerarietà delle argomentazioni» dei commissari dell’ex Ilva, prosegue la memoria del gruppo, è «confermata dal fatto che, nella memoria del 20 gennaio 2020» è stata «cambiato litania: ossia, dopo aver immotivatamente accusato ArcelorMittal delle peggiori nefandezze nonché descritta, di nuovo, in modo diffamatorio, come un imprenditore d’assalto uso a distruggere concorrenti e sabotare impianti di interesse strategico nazionale, i Commissari Straordinari hanno dedotto che il periculum sussisterebbe perché Ilva non avrebbe 'né la struttura, né i mezzì per gestirli e realizzare l’importante scopo dell’operazione a lungo negoziata». 

«Oltre a essere indimostrate - prosegue la memoria depositata ieri sera tardi - (anche considerato che i Commissari Straordinari hanno gestito gli impianti fino all’anno scorso, gloriandosi di aver ottenuto risultati economici migliori di quelli realizzati da ArcelorMittal), le asserite difficoltà di gestione da parte degli stessi Commissari o il 'rilievo strategico nazionalè (anche in termini occupazionali e ambientali) attribuito a uno stabilimento industriale non possono essere strumentalizzati».
Una strumentalizzazione, si evidenzia nell’atto, per "imporre» a Mittal «lo stravolgimento del contesto normativo in cui gli impegni contrattuali sono stati assunti» e «costringere" la multinazionale «in via cautelare, a proseguire l’attività produttiva come se nulla fosse, esponendolo al serio rischio di responsabilità penali che erano state escluse al momento e proprio in funzione del suo investimento».

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