La Bpco (broncopneumopatia cronico ostruttiva) rimane purtroppo ancora oggi tra le patologie con una più alta incidenza. Oggi quarta causa di morte dopo le patologie cardiovascolari, tende ad aumentare la sua pericolosità ed i suoi effetti. Entro il 2020 potrebbe diventare la terza causa di morte. E Taranto col suo fardello di problematiche ambientali e fattori inquinanti, è purtroppo a pieno titolo in questa condizione di allarme. A fronte di questo panorama, fortunatamente migliorano le possibilità diagnostiche e di cura. Non solo sul fronte delle apparecchiature oggi a disposizione e in arrivo, ma anche sul piano organizzativo attraverso l’imminente inaugurazione di una Uoc (unità operativa complessa).
Colmando un ritardo paradossale in Puglia (le altre Asl ne sono ormai attrezzate), l’atteso ed annunciato reparto di Pneumologia sarà inaugurato, infatti, il prossimo 5 novembre all’ospedale Moscati. Avrà inizialmente 10 posti letto, estendibili a breve a 20, così come prevede il piano di riordino ospedaliero per le Pneumologie, appunto. Ma, questa volta in vantaggio rispetto al resto dei reparti già operativi in Puglia, rappresenterà un’importante novità nel panorama regionale. Sarà, infatti, il primo reparto ospedaliero in stretta simbiosi col territorio. Un nuovo modello operativo destinato a diventare un modello operativo. Medici ospedalieri, insomma, insieme a medici del territorio per una reale presa in carico del paziente ed una più coerente e soddisfacente continuità assistenziale. Qualche giorno dopo l’inaugurazione, un convegno sul tema «La Patologia Bpco riacutizzata: gestione integrata ospedale-territorio», informerà coerentemente i medici di medicina generale delle nuove possibilità diagnostiche e di cura ed il nuovo modello di presa in carico del paziente.
È il responsabile del nuovo reparto di Pneumologia, Giancarlo D’Alagni, ad illustrare le importanti novità. La premessa è legata alla persistenza della malattia, alle preoccupazioni per le forme e le cause di riacutizzazione. I dati della patologia sono quelli dello studio Sentieri, ma di sicuro l’afflusso alle strutture ambulatoriali, il ricorso ad indagini sempre più frequenti danno l’idea che la situazione rimanga preoccupante a conferma che la situazione ambientale abbia determinato e continui a determinare patologie polmonari e continue riacutizzazioni. «Abbiamo effettuato 16 mila prestazioni ambulatoriali in 8 mesi – dice il dottor D’Alagni -. In circa l’80% dei casi, si è trattato di diagnosticare e curare patologie ostruttive». Insufficienze respiratorie chiaramente legate a forme di invalidità e, molto spesso in comorbilità con altre patologie, alla base di tumori al polmone.
Ma, voltando pagina, ci sono aspetti fortunatamente più incoraggianti.
Il tema allora è quello dei nuovi macchinari e nuove strumentazioni per fare diagnosi e, nel caso, anche intervenire. Si dispone già ed è già funzionante, ad esempio, la nuova generazione di broncoscopi. Si chiama “Ebus” (Endo Bronchial Ultra Sound), in particolare, il nuovo videobroncoscopio in grado di effettuare endoscopie toraciche al fine di diagnosticare anche le più piccole avvisaglie del tumore al polmone intervenendo con precisione ed efficacia all’interno delle vie bronchiali. La nuova strumentazione consente, dunque una diagnosi più precisa di patologie tumorali di piccolissime dimensioni sulle quali, fino a ieri, non era possibile fare biopsie con precisione millimetrica. E presto, a dicembre, assicura il dottor D’Alagni, il nuovo reparto,a quel punto in funzione, disporrà anche di ulteriore strumentazione in grado di misurare la funzione respiratoria del paziente per valutarne la possibilità operatoria.