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Trinchera rialza il Lecce: «Uniti verso la salvezza»

 
Antonio Calò

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Antonio Calò

Trinchera rialza il Lecce: «Uniti verso la salvezza»

Il ds: «Rigore inspiegabile, restiamo compatti. A Firenze per fare punti»

Lunedì 24 Febbraio 2025, 12:24

LECCE - Lasciarsi alle spalle l’enorme delusione e la grande rabbia determinate dall’assurdo rigore che ha deciso in negativo il match con l’Udinese, trasformandole in volontà di reagire e di riprendersi il maltolto, sin dalla prossima, difficile, trasferta di Firenze. È con questo intento che il Lecce tornerà a lavorare oggi, dopo i due giorni di riposo concessi da Marco Giampaolo al termine della gara persa per 1-0, al «Via del Mare», contro i friulani. Di quanto accaduto nella partita di venerdì e delle prospettive della formazione salentina abbiamo parlato con Stefano Trinchera, ds del club giallorosso.

Direttore, lei era in panchina. Ha avuto subito la consapevolezza che stavate subendo un grave torto o lo ha compreso solo dopo avere rivisto le immagini?

«La percezione è stata immediata. Innanzitutto per quello che abbiamo visto tutti dalla nostra posizione, ma anche per la reazione sconcertata dei nostri calciatori. Ci è sembrato che anche gli avversari fossero stupiti di quanto stava accadendo. La certezza assoluta è arrivata a stretto giro in quanto la moderna tecnologia ci permette di rivedere ogni fotogramma dopo pochi secondi e l’errore del Var di richiamare l’arbitro, che poi ha avallato il tutto, concedendo il penalty, è stato evidente ed al tempo stesso inspiegabile».

Si va avanti da mesi tra situazioni nelle quali il Var non interviene in casi nei quali l’arbitro ha sbagliato in maniera eclatante ed altri nei quali, come venerdì a Lecce, irrompe per correggere decisioni di campo ineccepibili. Esiste un problema serio?

«Senza alcun dubbio. Il Var è stato introdotto per evitare gli errori dell’arbitro, che deve decidere in una frazione di secondo. Deve essere uno strumento di giustizia. Per il fuorigioco lo è, ma per troppi altri aspetti chi è al monitor ha troppa discrezionalità di valutazione. A questo aggiungo che il calcio è uno sport di contatto e non può essere snaturato. Ci sono dei movimenti che possono essere effettuati solo in un certo modo, muovendo le braccia in maniera naturale. Certe decisioni azzerano le emozioni, mortificano l’entusiasmo. Quella di Lecce-Udinese, in particolare, è fuori da ogni logica. Tra l’altro, abbiamo la sensazione che troppo spesso a pagare il prezzo di certe decisioni sia un piccolo club come il nostro. Ma il Lecce fa sforzi sovrumani per raggiungere i propri traguardi e, alla lunga, un punto in più o in meno può fare la differenza tra salvarsi o retrocedere».

In ogni gara ci sono calciatori che stramazzano al suolo per contatti tutto sommato veniali al collo o al viso, gli stessi contatti che, con le vecchie regole, non sembravano produrre i medesimi effetti. Non sarebbe il caso di tornare a punire solo le classiche gomitate con il movimento del braccio fatto per colpire l’avversario?

«Ribadisco che nel calcio il contatto è inevitabile e che non è possibile giocare o correre con le braccia stese lungo il corpo. Pertanto, in generale, temo che si stia andando verso una direzione sbagliata e si stia rischiando di minare la credibilità del nostro sport».

Episodio del rigore a parte, quella sfoderata contro l’Udinese è stata una delle peggiori prove del Lecce da quando Giampaolo ne ha assunto la guida. Cosa è accaduto?

«Si trattava di un confronto difficile. Di fronte avevamo una delle formazioni più in forma del momento, dotata di enorme fisicità. L’Udinese ha interpretato bene la partita, riuscendo ad impedirci di sviluppare il nostro gioco. Non è stata la nostra migliore gara, ma il Lecce ha lottato con lo spirito giusto, ha creato poco ed ha concesso poco. Senza il rigore inesistente assegnato ai friulani avremmo ottenuto un punto e la nostra prestazione sarebbe stata giudicata in maniera meno critica in quanto il risultato influenza sempre i commenti».

Per il Lecce, il turno è stato negativo perché non ha mosso la classifica, mentre molte delle dirette rivali lo hanno fatto, alcune mettendo in cassaforte il bottino pieno. È preoccupato?

«No, perché questa altalena è insita del cammino di un team che punta alla permanenza. Ogni settimana c’è chi vede salire o scendere di un po’ le proprie quotazioni. Sarei bugiardo se dicessi che non siamo interessati ai risultati delle altre compagini in lotta per non retrocedere in quanto, se non fanno punti, per noi è un ovvio vantaggio. Ma siamo consapevoli che la salvezza ce la dovremo meritare noi con le nostre forze, raggiungendo la quota che sarà necessaria. Da qui alla conclusione, nessuna squadra mollerà di un millimetro. Bisognerà dare tutto sino all’ultimo secondo del match che manderà in archivio il torneo».

A dodici turni dalla fine siete fuori dalla zona rossa. È un buon punto di partenza?

«Avere un piccolo vantaggio è utile, ma ha un significato relativo perché ci sono 36 lunghezze a disposizione e può accadere di tutto. Il Lecce deve limitarsi a lavorare con la massima concentrazione e con abnegazione totale per preparare, ogni volta, la partita seguente. Ora è quella di Firenze, che si preannuncia difficilissima, ma nella quale bisognerà provare a mettere fieno in cascina».

Il calendario vi riserva tre scontri diretti (Venezia e Como in casa, Verona fuori), tre sfide con complessi che sgomitano a metà classifica (Genoa in trasferta, Roma e Torino al «Via del Mare») e sei match con sei delle prime sette in graduatoria (Fiorentina, Juventus, Atalanta e Lazio in campo avverso, Milan e Napoli sul terreno amico). Sarà dura?

«Senza dubbio. Ma il discorso vale per tutte le pericolanti. In A ogni partita è complicatissima, ma il risultato non è scritto in partenza. Bisogna provare a conquistare punti contro chiunque, anche contro chi è in lizza per lo scudetto».

Cosa si aspetta da qui a fine torneo?

«Che l’ambiente sia compatto, non si faccia influenzare dai differenti momenti che vivremo. L’unione, la passione che ci contraddistingue, l’amore per il Lecce, possono fare la differenza nell’ottica del raggiungimento del traguardo storico al quale tutti ambiamo».

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