Lunedì 08 Settembre 2025 | 15:41

Andrea D’Errico, un «capriccio» di nome Bari

 
Davide Lattanzi

Reporter:

Davide Lattanzi

Andrea D’Errico, un «capriccio» di nome Bari

In azione il calciatore D'Errico (Foto Fasano)

Il centrocampista: «Vivo di passioni, gioco divertendomi. Con il mare e questi tifosi sono a cavallo»

Venerdì 01 Aprile 2022, 13:00

BARI - Molto genio e un pizzico di sregolatezza. Eppure, a tutti Andrea D’Errico piace così. Con la sua spontaneità, con una passionalità davvero spiccata e soprattutto con le sue doti. Che certamente lo hanno reso un trascinatore del Bari ad un passo dalla B. Una cosa è inconfutabile: quando la mezzala milanese ha girato al meglio delle sue potenzialità, ha portato con sé l’intero complesso biancorosso. Dribbling, accelerazioni, assist illuminanti e capacità balistiche compongono un vastissimo repertorio che ha sciorinato anche quando l’altro funambolo dei Galletti, Ruben Botta, ha dovuto fermarsi per un lungo infortunio. Ora non sta nella pelle, il 30enne ex Monza: vuole concludere la missione e festeggiare con la città che già gli è entrata nel sangue. «Si respira un’aria magica» confida. «In tanti mi avevano parlato dell’amore dei baresi verso la squadra del cuore, ma viverlo sulla pelle è indescrivibile. Si percepisce quanta voglia ci sia di uscire da una categoria che davvero non c’entra nulla con questo club».
È possibile che l’ansia da ultimo passo abbia un po’ condizionato il derby con la Fidelis Andria?
«Io la vedo diversamente. Tutti volevamo celebrare l’obiettivo davanti ad un San Nicola strepitoso. Ma occorre essere molto più pratici che belli. Rovinare tutto con un passo falso proprio ora non sarebbe giusto: bisogna evitare di complicare le gare ed inseguire lo spunto utile ad acciuffare i punti che mancano alla meta. Contro l’Andria non eravamo nella migliore giornata: va bene, quindi, incamerare il pareggio e compiere un altro passo. Ci riproviamo a Latina».
Riavvolgendo il nastro: c’è un frangente che si è rivelato complicato?
«Ora la classifica del Bari sembra quasi scontata perché nel complesso abbiamo sempre avuto un margine sulle avversarie. Ma non dimentichiamo da dove siamo partiti: in estate siamo stati travolti dal Covid, ci siamo allenati individualmente, il ritiro praticamente è saltato. La squadra si è conosciuta e completata a ridosso dell’avvio del campionato: ci ha sostenuto la consapevolezza delle nostre qualità, un gruppo davvero unico, la presenza della società: il presidente, il direttore sportivo, il mister ci hanno sostenuto sempre».
Ha citato il tecnico, ma con Mignani che rapporto si è instaurato?
«Sarei davvero curioso di sapere che cosa ne pensa lui…Io gli sono grato perché ha tanta pazienza e si è impegnato a conoscerci come uomini prim’ancora che come calciatori. Ogni tanto io “scapoccio”, esco fuori dai binari, forse lo faccio arrabbiare, ma poi chiedo sempre scusa e lui mi ha sempre saputo prendere».
Di lei in particolare dice che "è lo stesso se disputa una partita importante o se va a giocare con gli amici il giovedì". È vero?
«È proprio così. Per me il calcio è passione pura. Ho bisogno di sentirmi dentro la partita, di essere coinvolto, di divertirmi. Se non mi diverto, rendo al 20%. E soprattutto, mi innervosisco un sacco. E magari mi incapriccio. Lo so, è sbagliato, ma è più forte di me: sono fatto così».
Delle sue quattro reti, quella contro il Catanzaro è una delle cartoline della stagione.
«D’impulso ho dichiarato che fosse il più bello della mia carriera. In realtà, poi ho pensato che ne ho segnato altri pregevoli, ma forse quello resta il più importante. Perché venivamo da qualche battuta a vuoto e in quel match abbiamo dimostrato di essere i più forti. Di noi tutti hanno parlato molto, ma la realtà è che proprio negli scontri diretti il nostro valore è emerso puntualmente: non ne abbiamo perso nemmeno uno».
Ha citato il gruppo: in quale particolare si è cementata la vostra unione?
«Molti di noi sono esperti, magari questo fattore ci portava a pensare allo stesso modo, consci di ciò che ci aspettava. E poi abbiamo avuto il vantaggio che anche i più giovani sono arrivati qui con la mentalità giusta e grande senso di responsabilità. Stare insieme è sempre stato un piacere, mai un obbligo».
Con chi ha legato maggiormente?
«Vado d’accordo con tutti, ma Gigi Frattali è davvero un fratello. In ogni minima difficoltà lui c’è sempre per me e spero di ricambiare. E poi Mirco Antenucci: un calciatore straordinario, un esempio. Pensate al gesto nei miei confronti: con il Potenza, mi ha ceduto il rigore che poteva valere il suo 200esimo gol. Indimenticabile».
Ha appena compiuto 30 anni, a Monza era il capitano ed il simbolo della scalata dalla D ai playoff per la A: perché rimettersi in discussione a Bari?
«Perché avevo bisogno di sentirmi protagonista, di una nuova sfida. Appena mi hanno proposto Bari non ci ho pensato un attimo: portare su una piazza di tale blasone era la scommessa che cercavo. Ammetto che non sia stato facile venir via da Monza: ero a venti minuti da casa, in una situazione che ormai conoscevo. Ma non ho rimpianti: sono in una città meravigliosa, mi piace il mare, il centro e con la mia famiglia ci troviamo benissimo. Aspettiamo una bimba: sono felice che possa vivere qui».
Alla carriera di D’Errico manca una categoria: spera di raggiungere la serie A con il Bari?
«Un passo per volta. Ho fatto tanta gavetta, ma frequentato la B in una sola stagione: dovrò dimostrare di meritarmela. Però, mentirei se dicessi che non ci penso. Sono convinto di essere nel posto giusto per coronare questo sogno. Raggiungiamo la cadetteria e poi proviamo il doppio salto. Con questa gente a trascinarci, tutto è possibile».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)