Quando arriva settembre prego a modo mio, con un ritornello di una canzone di Aretha Franklin, per tutti i maestri. Non solo gli insegnanti che si preparano a tornare tra i banchi di scuola, ma anche quelli che ricominciano in un altrove formativo che sconfina rispetto alle aule classiche, i maestri di danza, di musica, di canto, di teatro, di fotografia, di arti marziali, di qualunque forma di percezione sottile necessaria alla ricerca di un modo - soggettivo e collettivo - di stare al mondo. E mi viene in mente questa frase di Pennac: «Gli insegnanti che mi hanno salvato (…) Si sono buttati. Non ce l’hanno fatta. Si sono buttati di nuovo, giorno dopo giorno, ancora e ancora… Alla fine mi hanno tirato fuori. E molti altri con me. Ci hanno letteralmente ripescati. Dobbiamo loro la vita».
Ogni volta che l’estate vira dentro settembre, io penso agli insegnanti che mi hanno salvato la vita. Ricordo con un affetto profondissimo un professore di Italiano, durante l’ultimo anno del liceo, che in classe ci chiedeva di raccontargli i romanzi che avevamo scoperto per conto nostro e che erano fuori dai programmi e per questo stavano alle nostre adolescenze misteriose come i sottomarini stanno agli abissi, ci scandagliavano e registravano i nostri sonar di profondità, fornivano a quel professore il combustibile per continuare l’ora di lezione col desiderio che solo una presenza calda e reciproca può tenere acceso. C’era anche un’insegnante di pianoforte, che incontravo a pomeriggi alterni. E un’insegnante di danza classica che la vita metteva a dura prova, ma che non perse mai la sua grazia. E quello stesso stato di grazia è stato l’incipit della mia prima vera musa, una maestra di scuola elementare, nei primissimi giorni davanti a una lavagna piena della sua calligrafia tonda che ci donava tutto insieme, magia realtà incantesimi possibilità, attraverso l’alfabeto.
Era sempre sorridente e quieta, amava il suo mestiere e tutti noi, pur essendo appena bambini, lo riuscivamo a percepire benissimo. Eravamo tutti innamorati del suo amore per la scuola, per gli astucci profumati di pastelli e per i trucioli delle matite temperate nei cestini, l’odore della merenda e i nomi delle cose. Ogni insegnante è una scuola, ogni allievo è la scuola. A scuola, continuiamo a tornare tutti noi quando comincia settembre. E di questo abbiamo un assoluto bisogno: continuare a desiderare l’incontro con gli esseri umani che chiamiamo maestri. E insieme a loro, proteggere il fuoco. L’alfabeto. La vita.