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Quelle campane di Matera che c’insegnano il buono che c’è

 
MariaTeresa Cascino

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MariaTeresa Cascino

Quelle campane che c’insegnano il buono che c’è

Esortano alla meditazione o alla preghiera, sono la voce dell’autorità ecclesiastica incombente e il loro tintinnio può essere un vero e proprio risveglio

Domenica 30 Aprile 2023, 14:47

Linguaggio di comunicazione universale, con suoni di natura spirituale e vibrazioni cosmiche, le campane a festa, a morto o a scopo liturgico richiamano a raccolta il popolo scandendo l’esistenza della comunità con i rintocchi ritmati e melodiosi. Nell’antichità le campane interrompevano il suono della notte per dare il buongiorno ai contadini, a Mezzogiorno suonavano per far sospendere le fatiche di lavoro nei campi e invitando a consumare un pasto frugale, a sera per tornare nel focolare domestico.

Dal volume talvolta eccessivo, il suo din don dan è la voce dei sentimenti del popolo di Dio che esulta, piange, rende grazie o eleva suppliche al cielo. Due rintocchi era il segnale della morte di una donna, tre rintocchi un uomo, quattro un Diacono o un Sacerdote, sei il Vescovo della Diocesi, nove il Papa. «Anche Dio ha bisogno che gli suonino le campane», disse una volta Winston Churchill e certe campane vanno accolte con prudenza.

A Matera, tante sono le campane sui tetti delle chiese barocche che rintoccano richiamando la coscienza all’ascolto. Esortano alla meditazione o alla preghiera, sono la voce dell’autorità ecclesiastica incombente e il loro tintinnio può essere un vero e proprio risveglio per gli abitanti culturali assonnati e gongolanti tra le vie del centro storico. Da sempre sentinelle allertatrici di pericoli pubblici è ad esse che si deve l’espressione «ascoltare l’altra campana» nata in periodo medievale, a garanzia che il suo rintocco proveniente anche da un altro villaggio avesse una funzione sonora di conferma delle minacce presenti. Ciò insegna che è spesso saggio avere due versioni da ascoltare, non solo quella più amplificata, anche per non avere una visione distorta della realtà prima di esporsi a qualunque tipo di valutazione. Ma se oggi il suono delle campane è sostituito dal rimbombo dei rumori, come si può imparare ad ascoltare meglio?

Ricerca assidua del consenso, notizie urlate, suoni distorti assordanti sono metafore delle campane stonate o di quelle sorde che chiamano messa e non entrano mai in chiesa. Oggi, però, i silenzi imbarazzano e gli strumenti digitali riempiono i vuoti della vita di chi è in cerca di popolarità tra selfie mania e banalità quotidiane: l’importante è continuare a comunicare anche quando diventa una finzione. Ascoltare in questo chiasso e distillare l’autorevole dal trash dunque è un’arte, richiede uno sforzo di comprensione, di silenzio attivo esterno e interno, competenza e impegno e un investimento di orecchie, occhi e soprattutto cuore per capire ciò che di buono ancora c’è.

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