BARI - Potrebbe non aver fatto tutto da solo il dipendente amministrativo che Aqp ha licenziato a giugno, dopo la scoperta della falsificazione di trenta sentenze di risarcimento danni che avrebbero consentito all’uomo di incassare almeno 370mila euro. È quanto sta accertando la Guardia di Finanza, che sta conducendo un’indagine affidata alla pm Chiara Giordano all’indomani della denuncia presentata dal presidente dell’Acquedotto Pugliese, Domenico Laforgia.
L’uomo, un 47enne nato a Grumo Appula e residente a Bari, dipendente amministrativo dell’ufficio legale (e iscritto all’albo come «abogado»), risulta indagato proprio a seguito della denuncia dell’Acquedotto di cui la «Gazzetta» ha dato conto ieri. Ed è per questo che i finanzieri hanno acquisito documentazione e avviato accertamenti bancari con lo scopo di chiarire meglio i contorni di quanto avvenuto nella principale azienda pubblica del Mezzogiorno.
La truffa è stata scoperta per un intoppo casuale con uno dei falsi pagamenti, a seguito della segnalazione di un avvocato: dopo un audit dell’Anticorruzione di Aqp sono emerse le falsificazioni effettuate dal dipendente in un periodo di tre anni. L’uomo avrebbe in sostanza creato titoli esecutivi falsi (sentenze di Tribunale, Corte d’appello, giudice di pace) che condannavano Aqp al risarcimento dei danni nei confronti di persone inesistenti. I pagamenti sono poi stati disposti su Iban di comodo, indicati sempre - a quanto sembra - dallo stesso dipendente, con la firma sulle liquidazioni (anche questa presumibilmente contraffatta, o forse carpita con l’inganno) di altri dirigenti e funzionari. In alcuni casi le sentenze erano create con il copia e incolla partendo da provvedimenti veri, in altri erano inventate di sana pianta con numeri di registro corrispondenti a tutt’altro. Gli Iban erano quasi sempre corrispondenti a carte prepagate PostePay, presumibilmente aperte a nome di prestanomi, con modalità che assomigliano a quelle emerse in altre indagini effettuate su persone in qualche modo collegate all’ormai ex dipendente. La Finanza dovrà ricostruire il flusso del denaro, ma anche stabilire se qualcuno abbia aiutato il presunto truffatore a mettere su questo meccanismo che, al ritmo di un pagamento falso ogni mese o giù di lì, avrebbe permesso ogni volta di ottenere 9-10mila euro, cifre tali da non creare alcun sospetto. Proprio per evitare situazioni simili, il presidente Laforgia ha imposto una riorganizzazione del flusso dei risarcimenti che prevede il controllo incrociato degli atti. I soldi però non sono stati recuperati.