Il centrodestra pugliese cerca una sintesi tra comunali di Taranto e prossime regionali mentre il quadro nazionale della coalizione registra fibrillazioni (inevitabili) a ridosso di questi appuntamenti. Oggi a Roma, secondo alcune indiscrezioni, il tavolo dei partiti della coalizione discuterà di elezioni amministrative, iniziando a vagliare le candidature per i vari Comuni. Su Taranto si registra la posizione netta di Forza Italia, che auspica di esprimere la candidatura a sindaco, schierando il consigliere regionale Massimiliano Di Cuia, mentre gli alleati non escludono le ipotesi di Gianluca Mongelli (Fdi) o Luca Lazzaro (Confagricoltura) e Francesco Tacente (apprezzato dalla Lega).
Questa discussione si accompagna alla riflessione del vicepremier Matteo Salvini, che propone di spostare le regionali nel 2026: questa opzione per il leader della Lega “ha senso, in primo luogo qui in Veneto, perché Luca Zaia è stato uno dei protagonisti che prima, e più di altri, ha creduto nelle Olimpiadi qui. Permettergli di inaugurare a Milano e poi chiudere a Verona la manifestazione sarebbe secondo me rispettoso del suo grande lavoro. Non è che sei mesi in più, sei mesi in meno cambiano la vita". La proposta è presentata in maniera netta ma non conflittuale con gli alleati (il premier Meloni è per votare questo autunno: "Io non sono 'il governo', solo il vice presidente del Consiglio. Ma fosse stato per me, lo sapete, non ci sarebbe stato un limite di mandati né per i sindaci, né per i governatori. Perché se uno è bravo lo rieleggono, se uno non è bravo e troppo già un solo mandato". E anche il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha fatto sapere che un rinvio è tecnicamente possibile: "E' una ipotesi realistica ma e' rimessa all'autonomia della Regione - ha detto il titolare dell'Interno - poi ci sarà un confronto con il sistema nazionale ma l'autonomia regionale prevede una finestra in questo senso, come già avvenuto in passato". Fdi, sul terzo mandato, ha opinioni differenti e non ha intenzione di favorire monarchie leghiste nel Nord Italia, soprattutto quando, dicono alcuni osservatori, "la Fiamma è il partito più votato in quasi tutto il Settentrione".
L’effetto di questo accelerazione non concordata da Salvini non è ancora misurabile, mentre di sicuro il tavolo per la divisione tra i partiti delle candidature per le regionali slitta di una decina di giorni: la prima convocazione avverrà dopo il congresso nazionale del Carroccio che confermerà il vicepremier come leader. Ma fonti di Fdi rumoreggiano, in maniera composta. “Sarebbe - protesta un dirigente meloniano veneto - una forzatura andare oltre nella nostra regione, non si capisce perché il Veneto, la cui legislatura precedente causa Covid è durata di più, debba differenziarsi dalle altre regioni…”. Sulle divisioni dei conservatori si inserisce anche il centrosinistra. Il Pd commenta così: “Le regionali si tengono ogni cinque anni. Punto. Non lo dice il Partito Democratico, lo dice la legge”
Sullo sfondo resta anche l’appuntamento della Consulta: il 9 aprile ci sarà l'udienza davanti alla Corte costituzionale sulla legge della Campania approvata a novembre dal consiglio regionale, norma che consente al governatore Vincenzo De Luca di ricandidarsi per la terza volta, bypassando il limite dei due mandati.
Nel puzzle delle regioni, Fdi punta al bis per Francesco Acquaroli nelle Marche, mentre in Campania i meloniani hanno il viceministro Edmondo Cirielli con i leghisti per il parlamentare Giampiero Zinzi. E in Puglia? Dopo il rallentamento delle ultime settimane, e dopo la mancata accelerazione nella scelta dopo la pubblica disponibilità del giornalista Vincenzo Magistà, la sensazione è che la riflessione nel centrodestra sia ancora in alto mare.