Il ruolo dell’Italia in Europa, il peso della linea dei conservatori sulle politiche di Difesa e immigrazione, la dialettica sulla coesione che registra una opposizione trasversale delle regioni alla linea della Commissione, e la rivendicazione dei risultati dell’Italia di Giorgia Meloni «rispetto a quella dei “professori”»: questi i temi emersi a Roma, nel dibattito di Atreju sulla «La coesione come volano di sviluppo», moderato dal direttore della Gazzetta del Mezzogiorno Mimmo Mazza, con gli interventi del ministro Tommaso Foti, del sottosegretario al Sud Luigi Sbarra, di Antonella Sberna, vicepresidente del Parlamento Europeo, e dei governatori Roberto Fico e Marco Marsilio, introdotti da Guido Castelli, senatore e commissario per la ricostruzione post sisma 2016.
«Se sette agenzie di rating su sette hanno detto che l'Italia va meglio del passato rispetto ai conti pubblici, questo non è un regalo che il centrodestra e il governo di Giorgia Meloni hanno avuto da altri. Abbiamo ereditato dal governo dai professori e abbiamo fatto meglio del governo dei professori. Lo rivendico con orgoglio perché questa era una delle nostre missioni politiche»: così il ministro Foti ha chiarito i meriti dei risultati economici ottenuti dall’esecutivo Meloni, dopo aver rivendicato l’efficienza nella gestione delle risorse del Pnrr. «Dal 2020 al 2030 - ha aggiunto il politico emiliano - vi saranno a disposizione 194,4 miliardi del Pnrr se ovviamente raggiungiamo tutti gli obiettivi, ma ad oggi essendo incapaci (ironizza, ndr) non ne abbiamo sbagliato neanche uno perché abbiamo preso l'ottava rata. Abbiamo preso 153 miliardi e siamo pronti al 31 dicembre a consegnare la nona rata». Per il sottosegretario Sbarra «Il Sud dà segnali di crescita e diventa protagonista nel Mediterraneo globale, il “mare nostrum” crocevia di scambi economici, industriali ed energetici, grazie al Piano Mattei». «Abbiamo rimodulato la programmazione europea, inserendo altre priorità come la tutela delle risorse idriche, la difesa e il diritto alla casa»: Antonella Sberna, vicepresidente del parlamento europeo ha rilanciato il ruolo dei conservatori nella maggioranza Ursula, indicando i risultati raggiunti d’intesa con il commissario Raffaele Fitto. Roberto Fico, neo governatore della Campania, ha puntualizzato che «i fondi di Coesione avranno un ruolo fondamentale per le regioni: queste risorse nascono per superare i divari territoriali. Riguardano anche il diritto a restare a vivere nelle aree interne, con servizi pubblici e lavoro, curando anche lì i malati».
«La mia regione ha una grande energia nel programmare i fondi e ha un grande rapporto con l’Ue: il dialogo istituzionale tra territorio, uffici europei e commissari è essenziale. Non dobbiamo essere autoreferenziali ma immaginare la ricaduta vera sul territorio». «Bisogna ridiscutere sia gli accorpamenti dei fondi della coesione in Ue che la distribuzione delle risorse del servizio sanitario nazionale»: Marco Marsilio, presidente dell’Abruzzo e tra i fondatori di Atreju, ha sottolineato le criticità del rapporto tra Ue e regioni, e tra governo e Regioni su dossier come disuguaglianze territoriali, agricoltura e sanità. Sulla questione dei nuovi fondi di coesione centralizzati da Bruxelles, il leader abruzzese ha espresso l’auspicio che sia il voto trasversale del parlamento europeo a rivendicare il modello di «un’Europa della condivisione, rispetto a progetti piramidali».Su questo protagonismo degli enti territoriali si è trovato d’accordo il ministro Foti: «Ci sono 300 miliardi da spendere in dieci anni, ma vanno fatti diventare produttivi. Le regioni ci hanno detto che vogliono avere la centralità nella gestione dei fondi di coesione, ma anche comuni e province si sono lamentate di essere escluse dal processo decisionale. Per far funzionare la filiera, le decisioni devono essere condivise».
















