POTENZA - «Acquedotto Lucano vive, da sempre, una delicata situazione di tensione finanziaria che, se non opportunamente gestita, potrebbe minare la continuità aziendale». Non c’è solo l’aumento delle tariffe nel futuro del più importante ente sub regionale lucano. C’è il rischio concreto che le attività si fermino, che le manutenzioni si stoppino, che la carenza di liquidità impedisca anche l’ordinario.
DOCUMENTI RISERVATI - E a sottolinearlo sono i documenti riservati che i tecnici dell’ente hanno redatto, analizzando conti, numeri e prospettive. Dentro ci sono i costi dell’energia ma anche tutti i capitoli legati ai morosi, ai fornitori, alle attività che per carenza di liquidità potrebbero interrompersi. Uno scenario difficile, ad un passo dal crac, che richiede un impegno finanziario importante per essere fronteggiato. Ad Acquedotto lucano servono soldi. Tanti soldi. Almeno 80 milioni di euro. Soldi necessari anche a coprire i vari «buchi», compresi quelli dei morosi. Problema storico per l’ente regionale. «Le difficoltà di incasso dei crediti dagli utenti hanno comportato sin dai primi anni una morosità su livelli superiori alla media nazionale - viene evidenziato nella relazione degli esperti - generando perdite per accantonamenti e svalutazioni riflesse nei relativi bilanci».
I RISCHI MAI RISOLTI - Tanto che già nei bilanci degli esercizi precedenti la gestione societaria di Acquedotto Lucano scontava «da tempo rischi connessi alla qualità del credito». Rischi che riguardavano sia le utenze private e sia le utenze di enti pubblici, alcuni dei quali sottoposti al comune controllo delle Regione.
COSA DICONO I TECNICI - «Le cause a base del fenomeno della morosità di Acquedotto Lucano hanno matrici diverse. In particolare, la fase di avvio della gestione è stata particolarmente difficile per mancanza di informazioni o di dati incompleti - viene precisato dai tecnici - tutto ciò ha fortemente condizionato il processo di fatturazione dei primi anni e reso difficile l’avvio di efficaci azioni di recupero crediti. La criticità si è accentuata in modo assai rilevante con l’esercizio del servizio di sub-distribuzione nei confronti dei Consorzi di Bonifica ed industriali: infatti, il Piano tariffario iniziale approvato dall’ente d’ambito, non prevedendo una specifica tariffa di “sub-distribuzione”, ha generato ingenti crediti nei confronti di questi enti». Enti che si sono trovati negli anni in condizioni di difficoltà, che hanno prodotto mancati incassati, con crediti «parzialmente svalutati generando perdite che potrebbero anche incrementarsi senza un intervento della Regione» a cominciare da quelli previsti in alcune leggi regionali per i Consorzi di Bonifica.
CONSORZI INADEMPIENTI - Inadempienti come d’altronde alcuni Comuni. «Rilevante è la morosità dei Comuni ed in particolare, per le forniture delle fontane pubbliche, sprovviste di misuratori». Recuperare crediti, quindi, è un obbligo inderogabile anche perché «l’acuirsi di queste morosità potrebbe avere conseguenza drammatiche aggravando il già precario equilibrio finanziario della società ed incrementando il rischio della mancata liquidità». Con tutto quello che questo significava e significa anche per il pagamento dei fornitori. «Il perdurante ritardo nell’incasso di ingenti crediti vantati sia nei confronti degli utenti privati sia nei confronti del sistema pubblico, come Consorzi di bonifica, Consorzi Industriali e Amministrazioni comunali, - è scritto nel dossier -parzialmente svalutati nel corso degli anni in relazione al presumibile valore di realizzo, nonché la difficoltà di accedere, stante i risultati economico-patrimoniali e finanziari conseguiti negli anni, a forme di finanziamento a medio-lungo termine necessarie per fronteggiare, in misura finanziariamente adeguata, gli investimenti comunque effettuati e che, allo stato attuale, hanno comportato un significativo ritardo nel pagamento dei fornitori». Fornitori che, a questo punto, potrebbero pagare un prezzo molto alto.