ANZI - Una vera e propria forma d’arte, che, però, va scomparendo. La figura del maniscalco, in una società a vocazione agricola come quella lucana, è sempre stata presente nei piccoli centri urbani. Ma oggi è più rara anche nella nostra regione. Peraltro, nel corso del tempo la figura del maniscalco si è evoluta. Diventando itinerante. Mentre prima l’attività era concentrata in paese, dove contadini e agricoltori lo raggiungevano, adesso è il maniscalco che si sposta verso scuderie, ippodromi o allevamenti. Come Nicola Ciani, 40 anni, di Anzi, sposato, due figli, uno dei pochi in Basilicata che continua a praticare quest’arte.
“Giro tutto il Sud Italia senza limitazione di confini regionali. La mia è una tradizione di famiglia: mio padre da ragazzino ha frequentato la bottega di un maniscalco, anche se, con il passare degli anni, si è specializzato ed ha aperto una carpenteria metallica». Tra il fabbro e il maniscalco, questo è evidente, la differenza è notevole.
«Sì. Il maniscalco si occupa solo di cavalli, mentre quello che una volta era chiamato fabbro ferraio realizza porte, finestre, balconi e inferriate». Quella di maniscalco è un’arte, non un lavoro. Con una buona resa? «È un’arte vera e propria – ha confermato Ciani – che assicura anche una buona resa economica. Ma solo a patto di riuscire ad instaurare un buon rapporto con il cavallo, i suoi proprietari e il veterinario. E’ una questione di equilibri e di chimica: se riesci a raggiungere un equilibrio con questi tre fattori, il tuo lavoro riesce meglio e avrà un risultato finale migliore. Se, viceversa, non ci dovesse essere un buon rapporto, ad esempio con il veterinario, tutto si complica e si fa difficile». Fare il ferro al cavallo, però, non è sempre la stessa cosa. «Ogni cavallo ha un problema a sé e questo ci fa capire come quella maniscalco non sia un’attività a livello industriale. Peraltro, spesso la differenza può farla anche la disciplina: un cavallo che fa salto va ferrato in un modo, con gli anteriori a 45 gradi e i posteriori a 65. Quello che fa un’altra disciplina ha bisogno di altra ferratura. Inoltre, anche due cavalli che fanno la stessa disciplina hanno, in realtà, bisogno di due ferrature diverse: ognuno ha una sua inclinazione e postura. Prima di ferrare un cavallo, infatti, è necessario vederlo camminare. In pratica è come per le persone: non tutte camminano allo stesso modo». Una sorta di sarto su misura, in pratica. Nicola Ciani, se rinascesse, cambierebbe lavoro? «No, assolutamente».
Cosa le piace di più? «Il rapporto che si stabilisce con i primattori: dall’allevatore al cavallo, per finire, come detto, al veterinario. Senza, ovviamente, dimenticare che spesso la mia attività si svolge in posti bellissimi, immersi nella natura. Anche la soddisfazione di vedere un cavallo tornare a correre, dopo essere stato precedentemente zoppo per un problema, è enorme».
C’è stato un esemplare che, più di altri, le ha dato soddisfazione sotto forma di risultati raggiunti in gara? «Sì, è una cavalla: si chiama Miss Holly Playboy. L’ho ferrata sin dal suo arrivo in Basilicata e ha gareggiato per lungo tempo vincendo titoli italiani ed europei, affermandosi in contesti molto importanti». Anche l’arte ha bisogno di soddisfazioni, per così dire, materiali.