Partiamo da una considerazione di fondo. L’ha fatta Silvio Brusaferro dell’Istituto Superiore della Sanità: è impossibile fare una stima di quanti siano le persone asintomatiche, che pur avendo l’infezione da coronavirus non hanno sintomi o ne hanno molto lievi. Questo significa che gli asintomatici sono molti di più di quelli «tracciati» dal sistema sanitario. Potenzialmente, insomma, potremmo esserlo tutti. L’asintomatico dovrebbe stare a casa in autoisolamento e aspettare che il virus venga neutralizzato dal trascorrere dei giorni. Perché se è vero che lui potrebbe non sviluppare mai la malattia, è anche vero che costituisce un vettore del virus e rischia di infettare altre persone meno fortunate, in cui il Covid sprigiona tutta la sua forza distruttiva.
Una premessa per dire che se è impossibile individuare tutti gli asintomatici non ci sono alternative: dobbiamo rassegnarci a stare in casa, a limitare al massimo i contatti sociali. Che sia soft, part time o cool, il ritorno al lockdown appare inevitabile.
Quanto agli asintomatici che, invece, sono stati scovati, rischiano di essere l’origine dei contagi all’interno dei rispettivi nuclei familiari. Chi ha una casa grande, con due bagni, può «contenere» il disagio ed evitare il contatto, ma chi vive in un piccolo appartamento inevitabilmente impatta sul resto della famiglia. La soluzione potrebbe essere quella di allontanarli momentaneamente, in attesa che si «negativizzi». Un tema su cui si è dibattuto anche ad aprile scorso, dividendo l’opinione pubblica tra chi riteneva fondamentale il distacco e chi temeva la creazione di veri e propri ghetti. Promesse, annunci di strutture da adibire al caso, l’arrivo delle tende del Qatar, ma alla fine non si è trovata una soluzione. Oggi si ripropone la necessità di evitare che i tanti asintomatici infettano mogli, mariti, figli, nipoti e nonni. La Regione ha pubblicato un bando per chiedere ai Comuni di provvedere a individuare soluzioni logistiche. È Viviana Cervellino, sindaco di Genzano, d’intesa con il governatore Bardi, la prima a seguire questa strada, isolando i contagiati in una struttura ad hoc. Ovviamente è un trasferimento a tempo ed è su base volontaria, ma occorre garantire loro anche un’assistenza di natura medica. Perché, non dimentichiamolo, gli asintomatici tendono a «negativizzarsi», ma non sono al riparo da un’evoluzione dell’infezione.