Nardino è un po’ un gatto. Ha sette vite. O quasi. È tra quelle persone che in un anno di pandemia non si è fatto assalire dallo sconforto e non ha mai pensato di decomporsi in poltrona guardando il soffitto. Non ha lasciato che il Covid-19 lo schiacciasse, anzi. Lui ha proprio voluto prendere il virus per la corona ed essere uno dei volontari del vaccino tutto italiano Reithera, la cui sperimentazione è in corso nei unici due hub pugliesi testarlo: a Bisceglie e al Policlinico Riuniti di Foggia. Lui, Berardino De Gennaro, giovinazzese doc, è molto conosciuto in paese perché organizza eventi sportivi dando corpo alle smanie dei tifosi biancoverdi (ma non solo) di raggiungere gli stadi d’Italia per seguire la squadra del cuore in lungo e in largo per la penisola: un lavoro a tutti gli effetti che ovviamente con l’emergenza pandemica si è bloccato. Ora lo ritroviamo volontario al Policlinico Riuniti insieme ad altre 70 persone per testare il vaccino Reithera la cui sperimentazione è affidata al professor Sergio Lo Caputo, infettivologo del reparto di Malattie Infettive: è una grossa scommessa per il Paese e il mondo nella lotta al terribile mostro che ci attanaglia da oltre un anno a cui Nardino ha voluto dare il suo contributo.
Come hai fatto a sapere della sperimentazione?
«L’ho letto su internet: era difficile non inciampare in questa notizia. E così mi sono lanciato».
Ma non ha avuto un minimo dubbio, timore che qualcosa potesse andare storto?
«No, nemmeno per un secondo. Credo molto nella scienza e poi c’è troppo egoismo in giro: troppo facile criticare senza muovere un dito. Bisogna iniziare a fare il primo passo e non aspettare che siano sempre gli altri a farlo. Se non ci muoviamo rimaniamo al punto di partenza e io sono stanco di stare in questa situazione e vivere con la mascherina appiccicata sul viso!».
Ma lo sa che la mascherina e tutte le altre accortezze sanitarie vanno comunque rispettate dopo il vaccino?
«Sì sì, lo so. Però almeno mi sentirei più tranquillo se dovesse capitare di abbassarla. Tra l’altro preferisco non uscire di casa piuttosto che stare in ansia fuori e vedere gente che fa come le pare».
Ma ora come si è reinventato nel lavoro?
«A marzo 2020 ho cominciato a mandare curriculum a tutti e adesso assisto i ragazzi disabili grazie ad un percorso formativo fatto con la Regione Puglia: ho sempre avuto molti contatti per il lavoro che svolgevo a cui affiancavo anche quello di organizzatore di momenti sportivi per i ragazzi al "Villaggio Nettuno" e quindi quando mi sono messo a cercare altro la gente mi ha dato tanti suggerimenti che ho colto».
A proposito di lavoro e quindi di soldi: nelle settimane scorse c’è stato quasi sdegno per gli 800 euro che ogni volontario percepirà per la sperimentazione. Lei l’ha fatto anche per questo?
«Lo dico subito: io quei soldi li darò in beneficenza. Non accetto l’idea dello scambio salute-soldi. Non è quello il mio intento. La salute è la priorità e al massimo posso dire di averlo fatto per accelerare i tempi del vaccino per la mia fascia di età (35 anni, ndr) fermo restando che non so se ho ricevuto la dose vera è propria o il placebo».
Piuttosto, cosa le ha detto sua moglie quando le ha manifestato l’idea di partecipare alla sperimentazione?
«Eh, non era d’accordo. Un po’ preoccupata. Però io decido sempre di testa mia e quindi l’ho fatto lo stesso. Alla fine sa che mi ha risposto? ‘Fè kudd ka vù’- fai quello che vuoi - e io l’ho fatto».