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L'intervista
Alessandra Montemurro
08 Aprile 2021
S’intitola In Social stat Virus l’ultimo saggio di Marco Marangio, giornalista brindisino classe 1985, esperto di comunicazione e docente di Linguistica Italiana a Foggia. Nel testo, edito da Delos Digital, l’autore conduce un’analisi sul ruolo che i «new media» hanno giocato durante l’emergenza Covid-19. Per realizzarla Marangio ha utilizzato tool e strumenti specifici per l’analisi online dei social media quali: Google Trends, Talkwalker, COVID19 Infodemics Observatory e Fanpage Karma.
Il saggio ripercorre cronologicamente i momenti più salienti dell’emergenza Coronavirus: dalla fine di febbraio 2020, sino alla chiusura degli «Stati generali» di giugno 2020. Il corpus è strutturato in tre «fasi», che idealmente richiamano le reali fasi che hanno scandito l’allerta pandemica in Italia. Obiettivo: dimostrare quanto la comunicazione online abbia rivoluzionato il mondo dell’informazione, portando soprattutto le Istituzioni governative ad adeguarsi nell’approccio mediatico con i cittadini, avviando un processo di digitalizzazione ormai irreversibile.
La Gazzetta lo ha intervistato per scoprire qualcosa in più sul suo lavoro, a iniziare da quando e come è nata l’idea di questo libro.
«Tutto è iniziato quando ho visto la prima conferenza stampa di Giuseppe Conte, ormai un anno fa su Facebook, poi rimandata in onda da tutti i tg – spiega Marangio -. Ho compreso che stava succedendo qualcosa di nuovo e irreversibile. Ho iniziato a raccogliere dati e fonti e creare un database sulla comunicazione del Coronavirus analizzandolo da tutti i punti di vista».
A quali conclusioni è arrivato?
«Le conclusioni del saggio riflettono sui ruoli degli old e dei new media e su come questi ultimi abbiano influito considerevolmente sulla comunicazione durante l’emergenza pandemica. In ultimo, ci si chiede quanto e come i social rivoluzioneranno non solo l’informazione, ma soprattutto il ruolo dei media nella vita dei cittadini con esempi verificatisi nel post lockdown, quali il caso di Silvia Romano e l’omicidio di George Floyd».
Perché bisognerebbe leggere il suo libro?
«Perché parla di noi e di una situazione in cui siamo immersi. Siamo comunicatori, sempre. Questo libro ci dà un indizio su come ci evolveremo da qui a qualche anno. I social stanno cambiando il mondo. Sono una cartina di tornasole dei nostri sentimenti e hanno un peso fortissimo. Chi ancora li sottovaluta fa un grande errore».
Come dovrebbero usare i social i giornalisti?
«Quelli maggiormente evoluti oggi già curano profili social delle aziende o dei privati come un ufficio stampa cura i contatti con la stampa. L’evoluzione dovrebbe seguirla anche l’Ordine dei giornalisti per adattarsi ai giorni nostri. Anche Facebook sta implementando la sezione news. Online e offline devono collaborare. La carta stampata resterà, non ci sarà un annientamento, ma l’online non ha rivali».
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