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carlo stragapede
28 Gennaio 2021
ALTAMURA - Il talento dell’attrice altamurana Cinzia Clemente nella fiction «Il Commissario Ricciardi» diretta da Alessandro D’Alatri, che narra le inchieste di un introverso funzionario di Polizia, interpretato da Lino Guanciale, sullo sfondo di una Napoli anni ‘30.
Prodotta da Rai Fiction e Clemart, è la serie tv del momento: nella prima puntata (in tutto saranno sei), intitolata «Il senso del dolore», andata in onda su Raiuno lunedì 25 gennaio, ha totalizzato quasi sei milioni di telespettatori.
Nel prossimo episodio, «La condanna del sangue», in onda il primo febbraio, il pubblico pugliese potrà ammirare Cinzia Clemente in un piccolo ruolo che però è destinato a lasciare il segno. Ce lo anticipa lei stessa: «Interpreto Vincenza, una vicina di casa della prostituta Filomena, che la vede sanguinare da un esteso sfregio sul viso e lancia un urlo affinché qualcuno la soccorra. A prestarle le prime cure è il brigadiere Maione (Antonio Milo, ndr)».
Quella di Filomena è una vicenda che si innesta sulla trama principale dell’episodio, secondo lo stile narrativo dello scrittore Maurizio De Giovanni, che ha creato il personaggio letterario di Ricciardi: la cartomante e usuraia Carmela Calise è stata assassinata a bastonate nel suo modesto appartamento del rione Sanità e Luigi Alfredo Ricciardi è incaricato di trovare il colpevole: sfrutterà la sua capacità soprannaturale di ascoltare le parole degli ultimi istanti di vita di persone uccise.
Cinzia rivela: «Abbiamo registrato la scena in tre giornate nel centro storico di Taranto, a maggio del 2019». Infatti nel capoluogo jonico sono ambientate alcune location «partenopeee» della serie, come per esempio il balcone dal quale Ricciardi ammira la bellezza di Enrica (Maria Vera Ratti) nella casa di fronte, innamorandosene. Del resto la produzione si è giovata del contributo della Apulia Film Commission.
«Sono stata selezionata da Azzurra Martino, che ha curato il casting dei ciak programmati in Puglia. Il regista Alessandro D’Alatri lo conoscevo già. Me lo aveva presentato Onofrio Pepe (lo storico ed esperto delle tradizioni murgiane scomparso l’anno scorso, ndr) durante un evento culturale ad Altamura. Poiché il regista ama i nostri sapori, sul set gli ho portato pane, tette delle monache, biscotti e focaccia. De Giovanni l’avevo già conosciuto al Libro Possibile di Polignano qualche anno fa e mi aveva autografato un suo romanzo». Un terzo «indizio»: «Ho scoperto che uno degli interpreti più giovani, il diciottenne Antonio Ciorfito, ha frequentato la stessa scuola che anni fa ho seguito io, l’Accademia di Recitazione Teatro Totò».
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