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Boomdabash, ecco gli «Zalone» della canzone

 
Alberto Selvaggi

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Alberto Selvaggi

Boomdabash, ecco gli «Zalone» della canzone

Hit da record figlie del popolo, un best of che sta scalando le classifiche. «Ma ora lo Stato aiuti la musica»

Lunedì 14 Dicembre 2020, 11:04

Credo sia per voi questa una buona occasione per farvi conoscere, finalmente. È dovere di un giornale aiutare i talenti locali ancora nell’ombra.
«E difatti apprezziamo molto, ringraziamo. Questo è anche un segno di coraggio da parte tua, ti sappiamo giornalista senza paura».

Però, pian piano, almeno nell’hinterland di Mesagne, centro della vostra fondazione, voi Boomdabash iniziate a farvi un nome. Soprattutto tu, Angelo Rogoli, ossia Biggie Bash, cantante che parli a nome della band, Fabio Clemente, cioè Mr Ketra, Angelo Cisternino, Blazon, Paolo Pagano, Payà altra voce. Sei noto ormai quasi quanto il concittadino Pino Rogoli, fondatore della Sacra Corona.
«E non hai torto: fino adesso i Rogoli più famosi siamo io e lui. Ognuno nel proprio campo però».

Quindi, totalizzate soltanto 102 milioni di visualizzazioni YouTube in sei mesi con una sola canzone, siete sommersi da dischi multi-platino, avete annichilito ogni altro gruppo italiano imbroccando filze di tormentoni. Siete praticamente una bomba musicale, come dice lo stesso vostro nome: esplodi il colpo.
«Ti ringrazio, anzi ti ringraziamo. Effettivamente, negli ultimi anni, siamo stati travolti da un successo straordinario. Però mi preme sottolineare che, se pure ciò ha determinato delle variazioni nelle nostre vite, non ha scalfito minimamente la percezione che ognuno di noi quattro ha di sé stesso, i comportamenti con gli amici, con gli estranei, con il pubblico. Siamo rimasti figli del popolo, c’è chi ha lavorato anche in fabbrica d’altronde. Siamo cresciuti in famiglie umili e dalla fame si sviluppa anche l’arte nella sete di riscatto e nella voglia di fuga. Restiamo con i piedi per terra. E forse proprio non tradendo noi stessi riusciamo a non tradire chi ci segue».

Comunque il vostro successo è di proporzioni tali che diventa fenomeno, come nel caso di Checco Zalone. Siete gli Zalone della musica.
«Non mi dispiace questo raffronto, anzi, noi Boomdabash ne andiamo orgogliosi. Ogni artista spera nel consenso, pur se magari non sempre lo trova. E condivido il fatto che ci siano punti di contatto fra noi e Zalone».

Semplicità e messaggio diretto sparato in fronte al pubblico.
«Anche, e l’immediatezza, che non significa sempre essere ovvi, è una componente basilare del nostro Dna».

Nel presupposto del successo di massa: cioè la sintonia perfetta con il pubblico. Voi su un target più specificamente giovanile, rispetto a quello multigenerazionale del comico di Capurso.
«Beh sì, la fetta più larga per quanto ci riguarda è indubbiamente riferibile ai ragazzi. Ma non credere che manchi il consenso anche di tante persone mature che cantano le nostre canzoni. Noi siamo certamente in accordo con il gusto della gente, hai ragione. Restiamo orientati sul mercato, è una cosa fondamentale alla quale prestiamo grande attenzione. Più nello specifico seguiamo le correnti musicali. Siamo calati nel presente, però quando componiamo non cerchiamo la hit a tavolino mirando a centrare i gusti. E anche quando qualcuno fra noi ci prova, gli altri intervengono subito: sì va bene ma ora basta, facciamo musica. Anche perché il calcolo non paga, anzi altera, fa perdere forza all’idea. È vero che noi intuiamo subito se un determinato motivo può piacere o no. Ma all’associazione sintonia-successo che facevi e che resta indubbia devi dare un’altra spiegazione: siamo nati sulla strada, la viviamo, l’abbiamo vissuta, per cui d’istinto ci sposiamo con i giovani che ballano con noi e come noi»

Reggae, dancehall, hip hop, raggamuffin, sound system che furoreggia oggi.
«Ma questa da sempre è la nostra musica. Che dal 2002 si è evoluta. Esplorando influenze disparate, portando avanti sperimentazioni. Tra le peculiarità del gruppo c’è il confronto costante con altri mondi sonori».

Siete salentini, a parte Mr Ketra che viene dall’Abruzzo. Qual è il punto di contatto con la canzone popolare dei vostri luoghi?
«Andiamo fieri della nostra terra d’arte che ci ha dato tutto. La presenza più evidente della tradizione salentina proviene indubbiamente da Payà, l’altro cantante, che ha suonato pizzica fin da bambino. Ma ognuno di noi ha una differente storia musicale che si completa in una fusione costante di contaminazioni».

Fino all’ultimo singolo «Don’t worry», incluso nell’omonima raccolta di 22 titoli «Don’t worry - The best of 2005-2020» assieme ad altri due inediti, «Nun tenimme paura» e «Marco e Sara», che sta scalando ogni classifica a disposizione.
«Sai, solitamente queste raccolte si realizzano su scadenze precise per contratto. Invece il Best of dei Boomdabash, che è appena uscito, non si limita a un elenco di hit ma fa luce sulle nostre origini. È un dono che abbiamo voluto fare ai nostri fan: 15 anni di carriera che raccontano il nostro modo di vivere la vita e la musica. Spesso ai concerti ci chiedevano questa o quella canzone, importante nella nostra storia, pur se meno nota. Ma adesso di concerti non possiamo farne più, non assaporiamo più la felicità del contatto con il pubblico. Ed è una cosa tremenda, è qualcosa che ci fa soffrire, che ci manca molto, tanto che ti confesserò una cosa: sogniamo un tour estivo, facendo gli scongiuri».

Covid 19.
«Già. La situazione è catastrofica. Il mondo della musica è messo malissimo. E poi mi irrita una cosa: il senso di abbandono che circonda il settore, l’intero indotto che va dagli operai ai tecnici ai distributori. I concerti oggi non si possono fare, è giusto e lo sappiamo. Ma dai concerti lo Stato italiano ha sempre ricavato tanto, tanto quanto non immagini neppure. E non è ammissibile che, dopo aver munto a piacimento, non ripaghi chi è in ginocchio. Ancor più se, come sappiamo e come vediamo, è invece puntualissimo, rapido nel riscuotere. Lo Stato ha il dovere di aiutare la musica. E dove sono adesso lor signori?».

Dove sono sempre stati comodi.
«Stiamo portando per le lunghe un discorso vecchio e risaputo».

Appunto, meglio parlare della sodale di successi da Guinness, Alessandra Amoroso.
«Alessandra è un’amica carissima a prescindere dai record realizzati con i vari Karaoke e Mambo salentino. È una persona straordinaria, umile, dolce, è un po’ come una sorella in musica per tutti noi».

Loredana Bertè, che s’incunea in maniera strepitosa in quello che reputo il miglior brano vostro, «Non ti dico no».
«Con Loredana nacque tutto da un azzardo. Dopo aver composto il brano qualcuno propose: sembra fatto apposta per la Bertè. Altri ammonirono: puntiamo troppo in alto, ragazzi, parliamo di un monumento della canzone. E invece le inviammo il brano e rispose: la facciamo subito. E fu la nostra bomba».

Sanremo 2019, record assoluto. Ma non siete certamente i primi nel Salento del dancehall reggae. Tre esse hanno fatto scuola.
«Assolutamente sì: noi siamo e ci consideriamo figli dei Sud Sound System, una realtà straordinaria con la quale da ragazzini siamo cresciuti. E oggi ci onoriamo di coltivare amicizia e stima con Nandu, Fabio, Rico».

E passiamo ai leoni maturi: Al Bano nostro.
«Al Bano resta una figura fondamentale non soltanto per la sua voce. Ci ha invitato a Curtipitrizzi per un caffè, abbiamo parlato per un’intera giornata visitando la tenuta, ma non abbiamo progettato nulla».

Siete l’alternativa a Sud dell’industria milanese della canzone per palati onnivori, che da J-Ax passa per Fedez e dal baffetto del Rovazzi smunto.
«Non ci consideriamo in contrapposizione con la scuola del Nord. Pensiamo a noi. Anche perché il Salento ha un approccio musicale totalmente diverso rispetto alle altre zone d’Italia. È unico».

Chissà se vi siete domandati che cosa resterà del trionfo dei vostri primi posti.
«Non esiste una formula né esistono parametri per previsioni del genere. Il 50 per cento lo produce l’artista ma la parte restante la realizzano i fan. E il merito di tenere alta, confermare l’attenzione verso un determinato nome va perciò attribuito a loro».

foto Flavio & Frank

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