lecceAmina Milo, nella cella di Astana, ha gli occhi lucidi. «Ora è speranzosa, aspetta di essere liberata», racconta la madre, Assemgul Sapenova. Lei ogni giorno - fine settimana escluso, secondo i protocolli carcerari - sin dalle prime luci del giorno si mette in coda con gli altri genitori dei detenuti per portare acqua e generi alimentari alla ragazza. Nel carcere di Astana l’acqua c’è, ma è rossa. E per questo Assemgul ogni mattina si carica bottiglie su bottiglie. Amina la aspetta per l’incontro quotidiano, i 15 minuti concessi per scambiare le uniche parole del giorno. In carcere, racconta Assemgul Sapenova, Amina non parla con nessuno. «Ha paura per la sua vita – riferisce - perché non è facile stare a contatto con gli agenti dopo aver denunciato». Amina non è l’unica a temere. «In Kazakistan – racconta ancora la madre - c’è un’altra mentalità, sono paesi ex sovietici: anch’io rischio molto».
Per questo Assemgul Sapenova di ritorno dal carcere guarda costantemente gli specchietti retrovisori, e una volta a casa non apre le finestre neppure per far cambiare l’aria. La sua vita ormai ha ritmi frenetici. Passa dal carcere agli uffici della procura speciale, che cura gli aspetti investigativi della vicenda. A inizio settimana c’è stato l’ultimo incontro con gli agenti, attualmente sospesi dal servizio. Appena Amina li ha visti, riferisce la madre, è scoppiata in lacrime. «Li ha guardati e ha detto: mi avete rovinato la vita». Poi si è passati al confronto. Uno degli agenti ha ammesso di avere guardato video di torture e uccisioni di animali e persone, ma non di averli mostrati alla ragazza. Poi ha respinto le accuse di violenze, che sarebbero corroborate, invece, dalla versione della ragazza. Amina, davanti alla procura, ha detto di conoscere un particolare del corpo dell’agente: una cicatrice sotto l’addome, all’altezza del bacino. Un dettaglio che non avrebbe potuto conoscere se l’agente non si fosse spogliato. A evitare le violenze sarebbe stata la reazione rabbiosa della ragazza. A raccontarlo alla Gazzetta è il legale della ragazza, Alibek Sekerov. «Un agente – riferisce il legale - ha tentato di violentarla, dopo che si è inflitta ferite, si è fermato, la ragazza era sotto shock». Ferite che Amina si sarebbe inflitta con un coltello trovato nella cucina della casa segreta in cui ha trascorso i sedici giorni della prima arbitraria detenzione.
Il ministro Antonio Tajani, intanto, ha annunciato che «la nostra ambasciata sta facendo tutto il possibile». Mentre l’avvocato della ragazza è fiducioso sugli aspetti legali della vicenda. «La situazione sta migliorando, è stato quasi dimostrato che lei non è coinvolta», dice. Oggi l’appuntamento è in procura per un altro incontro. Nel frattempo Assemgul, di ritorno dal penitenziario ricorda gli ultimi istanti trascorsi a casa con la figlia. «Beveva una tazza di tè e ci hanno convocato in commissariato. Pensavamo dovesse firmare delle carte dopo la detenzione di 16 giorni, ma l’hanno arrestata. Quando sono tornata a casa ho visto la tazza con il tè, ormai freddo, ancora sul tavolo. Non lo dimenticherò mai».