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Quel misterioso Centopietre nell’estremità di Capo di Leuca

Quel misterioso Centopietre nell’estremità di Capo di Leuca

 
Toti Bellone

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Toti Bellone

Quel misterioso Centopietre nell’estremità di Capo di Leuca

La storia del mausoleo sepolcrale, luogo magico del Salento

Martedì 15 Agosto 2023, 13:01

Alle tre del pomeriggio, in giro non c’è anima viva. L’umidità sminuzza la calura. Come nei desertici miraggi, la fa a strisce, ed oltre, sembra di intravedere le Gigantesse dell’antica città messapica di Vereto, che trasportano a spalla i cento enormi massi calcarei, coi quali innalzare lo strabiliante manufatto detto proprio Centopietre.

MONUMENTO MISTERIOSO A Patù dove si trovano, in estate non si passa per andare al mare ed in inverno neppure per raggiungere, a Leuca, il Santuario di Finibus Terrae meta di pellegrinaggio religioso e laico. Ma per andarci ci sono almeno due motivi: i dolci ed i gelati artigianali della pasticceria Picci vincitrice di mille premi, e la Centopietre, appunto, che misteriosa si mostra ai piedi della messapica Vereto. Al di là delle leccornìe di cui per altro il Salento pullula in ogni dove, da sola vale un viaggio. Di simili non ce n’è da nessun’altra parte.

Misteriosa e suggestiva allo stesso tempo, è un rettangolo di sette metri per cinque e mezzo, alto più di due e mezzo, che svetta a poco più di cento metri sul livello del mare. La prima idea è di un luogo di culto pagano, costruito, secondo la leggenda, dalle robuste donne di Vereto,  Gigantesse alte sopra la media del tempo. In realtà, si tratta di monumento funerario, un mausoleo sepolcrale (heroon) del IX secolo dopo Cristo, che nel Medioevo venne trasformato in chiesa, luogo cristiano di preghiera e meditazione  (thémenos).     

I MIRABILI AFFRESCHI Due ingressi privi di protezione immettono in un ambiente che sa di passato e di rifugio di fortuna. Il pavimento è di nuda terra; ai lati due grosse pietre a forma di palla, probabilmente impiegate a Vereto a scopi difensivi, ed un lastrone orizzontate a mo’ di panchina. La struttura è fatta di cinque sostegni verticali (piedritti), composti da due colonne e tre pilastri che sorreggono l’architrave, su cui poggiano i conci degli spioventi formati da blocchi incisi di triglifi, le decorazioni del fregio. 

La sensazione è di trovarsi in un luogo magico, teatro di riti esoterici, ma a guardare gli affreschi a soggetto sacro che si affacciano sui muri, anche abbandonato. Senza protezione ed in balìa di chiunque, i già pochi resti dei tredici Santi contati dagli studiosi e risalenti al XIV secolo, sono destinati a sparire. Un peccato mortale, per la Centopietre eletta a monumento nazionale sin dal 1873, che merita invece ben altra attenzione. Una testimonianza unica nel suo genere, ed anche per questo, da portare sul palmo d’una mano, da valorizzare e far conoscere, per contribuire al richiamo turistico e culturale del Salento.

Fra i tredici Santi, sono resti di un San Giorgio col drago, un San Giuliano, le Sante Barbara, Margherita ed Anna col Bambino, ed una Crocifissione.

LA LEGGENDA DI GEMINIANO Come per ogni luogo misterioso che si rispetti, oltre a quella delle Gigantesse di Vereto, la Centopietre ha la propria leggenda. Nel 877 dopo Cristo, non lontano, nella zona ancora oggi denominata Campo Re, fra l’esercito cristiano inviato dal regnante di Francia, Carlo il Calvo, e le orde dei Saraceni bramosi di insediarsi nel Capo di Leuca, divampò una cruenta battaglia. Nel tentativo di evitarla, nel campo dei nemici venne inviato, quale messaggero di pace, il generale Geminiano (o Germiniano). Di pace, i Saraceni non vollero però saperne, e prima di sferrare l’attacco, lo trucidarono. In suo onore e per custodirne le spoglie, i Cristiani edificarono il grande monumento funerario con cento pietre prelevate dalla cinta muraria di Vereto. La città messapica era stata nel frattempo rasa al suolo, e successivamente, nel segno del dolore, più a valle nacque l’odierna Patù, dal greco pathos, termine che al dolore associa il patimento. Quello patito, appunto, dai Veretini, a causa delle scimitarre saracene.

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