Poco più di centocinquant’ anni fa, inizia un sogno giallo di grano duro chiamato Pasta Cavalieri. 1872: Andrea Cavalieri, appartenente a una famiglia agiata di possidenti, per far fronte alla crisi agraria dell’Italia postunitaria, inizia a costruire e a commercializzare macine per ottenere la migliore molitura del grano duro. Da qui, il figlio Benedetto, ammaliato da questo mondo, il 7 luglio 1918 inaugura il «Molino e Pastificio Benedetto Cavalieri”».
Quel giorno, ai suoi ottantatré collaboratori, dirà che proprio a Maglie, in via Garibaldi, «verrà prodotta una pasta firmata con nome e cognome e che ogni pacchetto dovrà accreditare il successivo», grazie all’utilizzo delle più moderne macchine per l’impastatura, gramolatura, pressatura e trafilatura. L’erede Andrea, negli anni ’50, dà un’ulteriore spinta moderna all’attività, ma è con il suo primogenito Benedetto - tutt’oggi al timone dell’azienda insieme al figlio Andrea - che la pasta Cavalieri, con la sua bandierina blu, diventa «la pasta perfetta», secondo l’autorevole rivista Wine Spectator, volando negli Stati Uniti, in Brasile, in Australia. Ora è un riferimento della gastronomia internazionale.
«Ho speso la vita per creare un prodotto straordinario con una riconosciuta unicità», confida Benedetto, l’indiscutibile re degli spaghettoni, dei paccheri, dei fusilli e delle penne rigate. Trentotto formati, tra cui spiccano le inimitabili ruote pazze. «Ero ancora uno studente universitario - racconta - quando, un giorno, chiesi al capo pastaio se la ruota pazza non fosse una trafila sbagliata, avendo tre spessori differenti. A me sembrò una grande osservazione, lui invece si mise le mani tra i capelli e mi spiegò che era proprio questa sua irregolarità a renderla impareggiabile». Fare dunque della differenza, un punto di orgoglio. Parliamo di ruote o di altro?
Benedetto dice di essere un semplice pastaio in giacca e cravatta, ma no, è un gentiluomo della cucina gourmet con tanta vita da raccontare e un’inarrestabile concezione ottimistica delle cose.
Andrea ha l’acume del padre e l’eleganza della madre Claudia, già docente universitaria. Se gli si chiede qual è stato il momento esatto in cui ha scelto di ereditare il mestiere di famiglia, lui risponde che «sin da piccolo, il pastificio è stato un luogo di giochi e scoperte», adesso è un impegno serio da condividere con la moglie Marina. Da economista, osserva il mercato e ne comprende le richieste, senza tradire il patto con il suo passato. Guardare avanti, quindi, ma con «metodo delicato». «È una lavorazione e un essiccamento a bassa temperatura, dalle trenta alle quarantaquattro ore, che consente di conservare il sapore del buon grano duro, i suoi preziosi valori nutritivi e la sua carnosità» spiega Andrea.
Il pastificio Cavalieri come luogo di produzione ma anche di idee e di incontri. Dentro c’è una storia ben precisa che è il suo valore aggiunto: un’identità famigliare, un’etica calvinista del lavoro, una consueta attenzione per la materia prima, proveniente dalle colline della Puglia e della Basilicata.
Dall’alternanza rituale di due nomi - Benedetto e Andrea - che si ripetono da generazioni, è nata una vera e propria dinastia di «lord della pasta», con questo approccio colto alle cose e una visione contemporanea della tradizione.