Caporalato. È l’accusa che, ieri, ha fatto scattare l’arresto di Marcello Corvo, 59 anni, di Nardò, imprenditore agricolo, che in questo periodo gestisce la raccolta delle angurie poi esportate in Italia e anche all’estero.
Corvo è ai domiciliari. Gli si contesta il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
L’operazione è stata eseguita ieri mattina dai carabinieri della Compagnia di Gallipoli, diretti dal capitano Francesco Battaglia. Erano presenti anche i militari del Nil dell’Ispettorato del Lavoro e anche personale dello stesso Ispettorato.
L’arresto è stato eseguito in località masseria «Donna Aurelia» nelle campagne di Nardò. È ragionevole supporre che il provvedimento restrittivo sia scaturito sulla scorta di un’attività investigativa andata avanti per alcuni giorni nel corso dei quali i militari avrebbero documentato con filmati l’impiego di manodopera straniera nella raccolta delle angurie. Ieri mattina, quando sono giunti i carabinieri, c’erano una decina di lavoratori, tutti extracomunitari, la gran parte africani, che stavano raccogliendo le angurie.
All’inizio del mese, gli stessi carabinieri, hanno eseguito l’arresto di un altro imprenditore di Nardò, sempre per caporalato. Antonio Leopizzi (finito pure lui ai domiciliari) è accusato di aver fatto lavorare gli operai per dieci ore giornaliere, con una retribuzione per tariffa a cottimo (1,40 euro per quintale di angurie raccolte), dunque in violazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali, non rispettando peraltro l’ordinanza sindacale in virtù della quale è proibito lavorare sui campi agricoli dalle 12.30 alle 16.30.
Quali siano le accuse mosse a Corvo si saprà nelle prossime ore. Certo è che, difeso dall’avvocato Anna Sabato, ha esibito la documentazione dalla quale risulta che i lavoratori erano regolari e che erano stati sottoposti a visita medica.
Il nome di Marcello Corvo ha già incrociato un’altra inchiesta per caporalato. Ma dal processo che ne è quello, quello denominato «Sabr», ne è uscito con un’assoluzione piena. I giudici della Corte d’Appello, infatti, nel mese di aprile hanno escluso i reati di schiavitù e di caporalato nei rapporti tra gli imprenditori delle angurie e i lavoratori impegnati nella raccolta. E tra gli imputati, accusati di aver ridotto in schiavitù i migranti, c’era anche Marcello Corvo.
Con l’arresto eseguito ieri si addensano nuove ombre sull’imprenditore. Ma l’accusa ipotizzata nei suoi confronti è sempre la stessa: caporalato.