Il 16 ottobre 1984, «La Gazzetta del Mezzogiorno» riporta in prima pagina la foto-notizia dell’arrivo a Bari del ministro della Difesa Giovanni Spadolini per una cerimonia solenne. «I nove lenti rintocchi della campana del Sacrario dei caduti d’Oltremare e il silenzio d’ordinanza suonato da un trombettiere della Marina sono stati l’ultimo saluto ai 42 eroici marinai del sommergibile Scirè affondato nel mar Mediterraneo nell’agosto del 1942 durante una missione di guerra. Poi, mentre le ombre della sera si allungavano sui 30 colombari del Sacrario di via Gentile che custodiscono altri 75.000 militari italiani caduti nell’ultimo conflitto, le 42 cassette-ossario avvolte dal tricolore sono state tumulate. Ora i poveri resti mortali dei marinai dello Scirè, strappati al fondo del mare, riposeranno finalmente sul suolo italiano», si legge sul quotidiano.
Nel 1984, infatti, una missione della Marina militare italiana recupera, quarantadue anni dopo l’affondamento del sommergibile Scirè da parte degli inglesi al largo di Haifa, la maggior parte delle salme dell’equipaggio, di cui facevano parte 49 sommergibilisti e 11 incursori della X Flottiglia Mas, reparto della Marina che, all’indomani dell’armistizio, sotto il comando di Junio Valerio Borghese, continuerà a combattere al fianco delle truppe nazifasciste e si macchierà di efferati crimini. Le 42 salme, sistemate in altrettante cassette-ossario e avvolte nel tricolore, vengono trasportate a Bari dalla nave appoggio Anteo e accolte nel pomeriggio al porto. Oltre al ministro Spadolini, sono presenti le autorità locali, ma soprattutto i massimi vertici militari dello Stato: rappresentanti dell’Esercito, Aviazione, Marina, Guardia di Finanza, Carabinieri, Incursori della Marina e un plotone di crocerossine rendono gli onori militari alle salme. Ormeggiate alle banchine del porto di Bari, con gli equipaggi schierati in coperta, ci sono l’incrociatore «Vittorio Veneto», la fregata «Libeccio», la nave da sbarco «Caorle», i sommergibili «Leonardo da Vinci» ed «Enrico Toti». Non c’è, tuttavia, il presidente della Repubblica Sandro Pertini, anche se la sua presenza era stata preannunciata. «Un’assenza che ha provocato qualche malumore negli ambienti della Marina», si legge sulla «Gazzetta», «tanto da far dichiarare pubblicamente ad un alto ufficiale: “La Marina è profondamente offesa”».
Il Capo dello Stato, tuttavia, ha inviato una corona d’alloro, portata da due corazzieri, e un suo messaggio personale nel quale ha rivolto «alle povere spoglie dei ragazzi dello Scirè il rimpianto di tutti noi, la memoria e la gratitudine perenne della patria». Verso il tramonto le cassette-ossario, alla presenza dei parenti delle vittime provenienti da tutta Italia, vengono tumulate nella cripta del Sacrario dei caduti d’Oltremare di Bari, uno dei luoghi della memoria più importanti della storia della nostra Repubblica e, in particolare, dell’ultimo conflitto mondiale, nonché il secondo sacrario militare più grande d’Italia dopo quello di Redipuglia, dove riposano i soldati della Grande Guerra. «Si conclude così, dopo 42 anni, un’altra dolorosa pagina della nostra storia, un capitolo amaro della Seconda guerra mondiale, “guerra ingiusta, ma combattuta onorevolmente”, come ha detto il fratello di un marinaio caduto», leggiamo ancora sul quotidiano.
Pochi giorni fa la Camera dei Deputati ha approvato una proposta di legge, che ora passerà al vaglio del Senato, per il riconoscimento del relitto dello Scirè come sacrario militare subacqueo – esso giace ancora nelle acque al largo di Haifa – poiché vi riposano i resti dei sedici soldati non recuperati nella campagna del 1984. L’emendamento che ha permesso l’approvazione all’unanimità della proposta, nell’onorare i caduti italiani, ricorda «le responsabilità del regime fascista e della monarchia che hanno trascinato l’intera comunità nazionale in una guerra di aggressione al fianco della Germania nazista». Il riconoscimento, nella sintesi trovata tra maggioranza e opposizione, è necessario «al fine di onorare i marinai italiani che hanno perso la vita in un conflitto mondiale per responsabilità dei regimi nazionalsocialista e fascista». L’auspicio è che ancora oggi, a più di ottant’anni da quell’episodio e a quaranta dall’arrivo delle salme a Bari, valgano le parole con cui l’allora ministro della Difesa Spadolini – lodando l’operazione di recupero dei caduti come un gesto d’amore, di rispetto, di memoria – tolse ogni ambiguità dall’omaggio reso a quelle vittime: «Essi trovano un’Italia diversa da quella che lasciarono, un’Italia che ha definitivamente ripudiato la guerra e le avventure della dittatura colpevole anche della loro morte, un’Italia che lavora ogni giorno per la pace nel Mediterraneo che fu la loro tomba».